Il dibattito sulle intercettazioni allarga le maglie ed abbraccia anche giornali e mezzi di comunicazione. “Io sono sempre stato a favore della piena libertà dell’informazione ma non si possono pubblicare delle frasi di una chat privata che non hanno alcun valore giudiziario”, afferma il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro. Un’opinione che riflette a pieno il clima che si respira nella maggioranza riguardo al tema, nonostante le diverse sensibilità che pure la compongono. “Bisogna intervenire da una parte con l’ispettorato generale per verificare che non vi siano fuoriuscite di notizie dalle Procure stesse, dall’altra parte con una norma più stringente. E poi lo dico onestamente, sì, anche sui giornali”, ha spiegato. Vediamo nello specifico cosa sta succedendo.

Giornali e intercettazioni, l’esecutivo pensa a una stretta che limiti la diffusione di conversazioni irrilevanti e lesive della privacy

L’obiettivo sarebbe quello di colpire, attraverso sanzioni ad hoc, chi pubblica intercettazioni “irrilevanti” ai fini dell’indagine e che spesso coinvolgono persone estranee ai fatti. “Nessun intento punitivo, noi vogliamo solo eliminare il tossico che esiste nei rapporti tra giustizia, informazione e politica”, dice Dalmastro. Si tratterebbe, in sostanza, di rendere la pubblicazione un illecito civile. Al momento, infatti, non esiste una legge a riguardo, nonostante i tentativi passati. Già nel 2011, infatti, l’allora commissione Giustizia alla Camera diede parere favorevole a due emendamenti del Pdl che prevedevano da una parte il carcere per i giornalisti e vietavano la pubblicazione delle intercettazioni fino alla cosiddetta udienza filtro. Adesso il governo ci riprova e punta a salvaguardare la riservatezza delle conversazioni che non hanno alcuna attinenza con le inchieste. “Io credo che si debba conciliare il diritto dell’informazione con quello della privacy e della possibilità di una persona di difendersi senza dover essere messa alla gogna”, osserva il capogruppo alla Camera di Fdi, Tommaso Foti. Idea, questa, condivisa anche dal Ministro della Giustizia Carlo Nordio che ormai più di un mese fa, intervenendo in commissione Giustizia al Senato, aveva manifestato la volontà di rivedere le leggi che stabiliscono quando e come le intercettazioni possono essere usate nelle indagini, così come il noto fenomeno della loro diffusione non autorizzata sulla stampa. Nordio aveva detto di volere “una profonda revisione” delle norme sulle intercettazioni perché “la loro diffusione, talvolta selezionata e magari pilotata, costituisce uno strumento micidiale di delegittimazione personale e spesso politica” tanto che che da mezzo di ricerca della prova sono diventate “uno strumento di prova”. Le parole del ministro avevano scatenato le reazioni di alcuni magistrati che si erano detti contrari fin da subito a questa e ad altre riforme come quella del reato di abuso d’ufficio. La critica principale mossa dai magistrati alla riforma proposta da Nordio, infatti, è che a volte le intercettazioni vengono utilizzate in indagini per reati minori che poi, grazie alle scoperte fatte, conducono a piste più grosse e magari ad arresti per mafia. Perciò privarsi della possibilità di intercettare persone indagate per reati minori potrebbe minare anche le indagini per reati più gravi. Ad intervenire sul tema è stata la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni precisando come l’eventuale riforma delle intercettazioni non riguarderebbe le indagini sui reati di mafia. “Non priveremo mai i magistrati del maggiore strumento di ricerca della prova nel contrasto alla criminalità organizzata e alle mafie”, assicura Delmastro. E se il Il terzo Polo si schiera con Nordio, dalle altre forze dell’opposizione piovono critiche: “Le intercettazioni sono uno strumento essenziale per le indagini sempre, è assurdo che magistratura e forze dell’ordine possano esserne private rispetto ad oggi. Contro gli abusi esiste già una legge, basta applicarla”, ha detto la capogruppo del Movimento 5 Stelle in Senato Barbara Floridia.