Che cos’è l’Afefobia e come superarla? Oggi sabato 21 gennaio si celebra la Giornata Mondiale dell’Abbraccio. L’abbraccio è da sempre considerato elemento benefico, sia da parte di chi lo dà, sia per chi lo riceve. Tuttavia, non sempre questo gesto è amato, o almeno, non da tutti.
Se da un lato è simbolo di vicinanza e affetto, dall’altro, l’abbraccio può essere visto come una trappola per chi soffre di Afefobia. Questo termine identifica la paura di essere toccati, una paura inconscia che può invadere la nostra sfera intima. Nasce dall’unione di due parole greche, “ἄπτω” (toccare) e “φόβος” (paura), e come già detto, è una paura inconscia di una possibile violazione della sfera intima.
Che cos’è l’Afefobia, come nasce e perché si diffonde
Che cos’è l’Afefobia, da dove deriva questo timore e come impatta sulle relazioni? La fobia del contatto fisico si estende non solo agli estranei, ma anche alle persone conosciute, dunque è generalizzata nel caso in cui non sia legata esclusivamente alle persone del sesso opposto. Questa paura può esse scaturita per un trauma non superato o la mancanza di affetto, ma frequentemente è associata anche a una violenza sessuale subita durante l’infanzia, somatizzata poi in futuro.
L’Afefobia, o aptofobia è una determinata fobia che si concretizza con il disagio e la paura ingiustificata e persistente di toccare ed essere toccati da altre persone. Quando un bimbo nasce, percepisce da subito l’affetto e la presenza costante dei propri genitori proprio attraverso il contatto fisico. Nel momento in cui tale passaggio manca, il piccolo da adulto potrebbe sviluppare l’Afefobia. Alla base di questa intolleranza, infatti, c’è spesso un trauma non valicato o la mancanza di affetto e di vicinanza da parte dei familiari durante le prime fasi della vita.
Il contatto fisico riveste un ruolo primario nella vita sociale. Alla nascita è il senso più sviluppato, nonché la chiave per imparare a comunicare. Per questi motivi, concorre in maniera determinante all’evoluzione del pensiero, del cervello e allo sviluppo dei legami interpersonali. Infatti, la frequenza con cui si è tenuti in braccio, coccolati e accarezzati in seguito alla nascita, fa sì che il neonato sviluppi il senso dello spazio e del tempo, grazie alle ripetute separazioni e contatti con chi si prende cura di lui.
I sintomi dell’Afefobia
L’Afefobia, ovvero la paura del contatto fisico, non è immediatamente riconoscibile. A volte viene scambiata con la timidezza. Difatti, risulta evidente solo quando i sintomi diventano più gravi e la paura del contatto fisico inizia a permeare in modo pesante nella vita e nelle scelte del soggetto. Sostanzialmente si esprime con il fastidio e la repulsione ingiustificata e incontrollata della vicinanza con le persone. Chi soffre di questa fobia cerca di proteggere in modo disperato i propri spazi, ansiosi di vedere invasa la propria sfera personale o di essere contagiati con germi e batteri.
Quando percepiscono una situazione del genere, dunque considerata a rischio secondo i loro canoni, iniziano anche a tremare e a sudare. Insomma, si nota in loro un certo senso di nervosismo e angoscia, di soffocamento. A quel punto, l’abbraccio spontaneo di qualcun altro, che vuole ad esempio dimostrare solo riconoscenza, cagiona malessere. Per molti, è come sentirsi nudi e senza protezione. Non è raro vedere persone che cadono in preda a episodi di tachicardia, problemi di respirazione e attacchi di panico. Per la persona che è affetta di Afefobia, serve mantenere una certa distanza da sicurezza. Il suo instinto, porta ad attuare un meccanismo di conservazione detto di “evitamento“: allontanarsi da quelle quelle situazioni che comportano entrare in contatto fisico con altri. Tutto questo, porta ovviamente a delle limitazioni nella sfera privata, lavorativa e sessuale, e a lungo andare, possono portare al completo isolamento del soggetto e di conseguenza allo sviluppo di sviluppi psichici molto gravi.
Come può essere curata l’Afefobia
Come altre fobie specifiche, la paura del contatto fisico può essere curata. Il consiglio della Psicologia è quello di intervenire con una terapia cognitivo – comportamentale, che aiuti il soggetto a razionalizzare la propria fobia, gestendo le proprie paure e attenuando l’inutile preoccupazione. Lo psicoterapeuta, solitamente, tende a esporre il paziente in maniera graduale e controllata alla paura, in modo da assisterlo nel comprendere l’irrazionalità della suddetta.
Le cause di questa problematica, vanno ricercate quindi attraverso il supporto di una figura professionale, e per prima cosa, nella relazione con i genitori. È opportuno chiedersi appunto, che tipo di rapporto ci sia stato con il tatto quando eravamo bambini, poiché il corpo ha una memoria storica e conserva tutto, anche ciò che non si vede all’apparenza.
I pediatri, non è un caso, consigliano alla madre e al padre, nei primi mesi di vita del figlio, di fargli sentire la loro presenza fisica tramite il contatto, le carezze e l’abbraccio. Queste tre caratteristiche si rivelano verso il bambino come un’esperienza positiva del proprio corpo: crescere sentendosi amato e protetto, sviluppando così, inoltre, sicurezza e fiducia negli altri.
Come tutte le cose però, un eccesso di amore, può essere anche un elemento esagerato e sbagliato, se prolungato nel tempo. Troppo contatto fisico può avere conseguenze opposte a ciò che si vuole ottenere, che si possono riscontrare nel futuro adulto, ovvero fuga dal contatto fisico e quindi dalle relazioni umane.
Quando è stata istituita la Giornata Mondiale dell’Abbraccio e da chi
La Giornata Mondiale dell’Abbraccio è stata istituita nel 1986 da un reverendo del Michighan, Kevin Zaborney, voglioso di contrastare il malessere generato dalla tristezza tipica di gennaio (e dal Blue Monday, caduto proprio questo mese e considerato il giorno più triste dell’anno), grazie alla hug therapy.
La scienza ha sempre manifestato positivamente il potere dell’abbraccio, che influisce in modo ottimale anche sull’autostima, l’equilibrio e la salute. A tali fini, il bisogno di abbracciare ed essere abbracciati viene tracciato come fisiologico, quasi vitale, sin dalle prime fasi di vita.
La terapista familiare Virginia Satir, citata da Heathline una volta disse: “Abbiamo bisogno di quattro abbracci al giorno per sopravvivere. Abbiamo bisogno di otto abbracci al giorno per il mantenimento. Abbiamo bisogno di dodici abbracci al giorno per crescere“.