Si voterà per il ‘Manifesto per il nuovo Pd Italia 2030′, domani in assemblea, ma resterà in vigore anche il documento votato nel 2007 con Walter Veltroni. E’ questo il compromesso raggiunto per evitare una spaccatura in piena fase congressuale, una mediazione per evitare spaccature, anche se tutto lascia pensare che si tratti solo di una sorta di tregua congressuale. Come accade sempre in questi casi, infatti, le varie parti in causa danno letture diverse dell’accordo raggiunto: per Articolo 1 e per l’area che sostiene Elly Schlein, il testo che verrà approvato domani diventa a tutti gli effetti la vera carta dei valori del nuovo Pd, e lo stesso Enrico Letta domani lo sottoporrà all’assemblea per un voto definitivo, che non prevede secondi tempi. Peccato che per Stefano Bonaccini si tratti invece di un “contributo”, un testo che viene messo agli atti ma che poi sarà esaminato, e magari aggiornato, dalla nuova assemblea del partito, quella che rispecchierà i pesi del nuovo congresso.
La mediazione riflette bene la difficoltà di tenere unito un partito sempre più diviso tra chi vuole segnare una netta cesura con il Pd conosciuto fin qui e chi invece punta a cambiare soprattutto la classe dirigente, ma non intende rinnegare lo “spirito del Lingotto”. Letta ha lavorato in questi giorni sentendo direttamente i quattro candidati alla segreteria, insieme a Roberto Speranza, altro garante della fase costituente. Il segretario democratico continua a sminare il percorso congressuale dagli ordigni che quasi ogni giorno vengono piazzati. Dopo il rischio della rottura sul voto online, adesso è ora di evitare una spaccatura potenzialmente anche più pericolosa, dal momento che riguarda proprio la ‘carta dei valori’ del partito, praticamente la definizione dell’identità stessa del Pd. Da questo punto di vista, la soluzione raggiunta sembra solo congelare il rischio di una rottura, dal momento che – appunto – per Bonaccini il testo che verrà votato domani rimane solo un “contributo” che potrà essere ulteriormente modificato. Di sicuro, dice, verrà “portato al contributo poi della discussione successiva”, con l’assemblea che verrà eletta insieme al nuovo segretario. Bonaccini non vuole trovarsi, in caso di vittoria, imbrigliato da un documento di valori votato dall’assemblea in cui i pesi rispecchiano quelli del congresso che elesse Nicola Zingaretti.