Aggressioni donne medico. Le aggressioni registrate ai danni del personale sanitario sono ancora numerose e, nella maggior parte delle volte, riguardano delle donne: per questo motivo, è fondamentale un piano di rafforzamento dei posti di polizia presenti nei luoghi più esposti al fenomeno. Per evitare che degli episodi del genere possano di nuovo verificarsi, nei luoghi più esposti, come “nelle sedi di guardia medica, nelle visite domiciliari notturne, ma anche di notte nei grandi ospedali, che sono cittadelle, o nelle corsie svuotate”, è necessario svolgere una mappatura di questi luoghi.
Aggressioni donne medico: rimedi possibili
Le autorità spiegano perché è importante una mappatura e in che modo si sta lavorando insieme, affinché si possa proteggere il più possibile il personale medico:
“I grandi poli ospedalieri hanno registrato negli ultimi tempi sempre di più atti di aggressioni a medici e infermieri. Col tempo i presidi di polizia nei pressi degli ospedali erano stati dismessi o depotenziati, quindi attiveremo un progressivo piano di potenziamento” anticipa Matteo Piantedosi, mentre Orazio Schillaci, responsabile della salute, trnquillizza, circa lo stato del lavoro:
“Stiamo mappando gli ospedali in cui si sono registrate più aggressioni e in settimana avremo i dati.”
Ma fondamentale rimane decongestionare i prontosoccorsi, come spiega Shcillaci: “È fondamentale – precisa Schillaci – che i malati arrivino al pronto soccorso soltanto quando ne hanno veramente bisogno. La strada è una sola: la medicina territoriale. Fino a oggi è stata l’anello debole del nostro sistema sanitario, ma ora è indispensabile rafforzarla, potenziarla, riqualificarla. Devono esserci altri luoghi in cui chi sta male riceve le prime cure.”
Aggressioni: proteggere il personale da pazienti violenti
Antonella Vezzani, presidente dell’Associazione italiana donne medico, parla così della drammatica situazione vissuta dalle donne medico: “le dottoresse di guardia medica, nelle tante sedi isolate del Paese, si fanno accompagnare da familiari o amici per sentirsi sicure. E già questo è un enorme disagio. In alcune aree gli alpini si sono resi disponibili ad accompagnare le dottoresse di guardia nelle visite domiciliari notturne in aree montane isolate […]
Nella mia esperienza di giovane dottoressa ho sperimentato anch’io il problema quando, chiamata per una visita notturna, mi sono presentata dal paziente con un’amica che mi supportava. Chi ha chiamato però, visto che non ero da sola, non mi ha fatto entrare. Il giorno dopo i Carabinieri mi hanno informato che si trattava di un pregiudicato considerato pericoloso ferito con un’arma da taglio.”
Queste esperienze drammatiche, purtroppo, non hanno ancora portato ad un miglioramento della situazione.
Vezzani auspica anche delle azioni che possano proteggere il personale sanitario e, soprattutto, anche delle iniziative capaci di insegnare ai medici il giusto modo di comportarsi, quando si ha a che fare con dei pazienti violenti: “è fondamentale, quindi, che il Sistema sanitario nazionale si prenda carico di mettere in campo azioni per proteggere gli operatori, a partire dal fatto di non lasciarli mai da soli, ripristinare i posti di polizia negli ospedali, avere sedi di guardia sicure e sorvegliate, usare la tecnologia per le visite a distanza. Servono poi iniziative per insegnare al personale a rapportarsi con i violenti, azioni che non devono essere sporadiche e lasciate all’iniziative della singola struttura ma sistematiche.”
I dati sul personale sanitario
Sono ben 12 mila le aggressioni ai danni del personale sanitario negli ultimi cinque anni. Un numero che diviene sempre più grande, dato che le violenze sembrano crescere di anno in anno. La media è di circa 2.500 aggressioni all’anno e nel 75% dei casi a subire l’aggressione è una donna.
Solo a Napoli, dall’inizio dell’anno, sono state ben otto le aggressioni subite dai medici. A Palermo, nel 2022, sono stati sedici i sanitari aggrediti, per i quali il personale sanitario è stato anche sottoposto a delle cure.