Proseguono gli scontri tra i manifestanti e le forze dell’ordine in Perù, dove da settimane i civili stanno protestando contro il governo della presidente Dina Boluarte. Solo nella giornata di ieri, giovedì 19 gennaio, il bilancio è stato di un morto e 38 feriti. Secondo quanto riportato dal ministro dell’Interno peruviano Vicente Romero, la nuova vittima sarebbe un manifestante che partecipava agli scontri con i militari attorno all’aeroporto internazionale di Arequipa, nel sud del Paese. Il ministro ha chiesto ai manifestanti di “abbandonare la violenza”.
Assoluti protagonisti degli scontri sono gli abitanti delle regioni rurali, in quella che è la peggiore rappresaglia violenta che il Perù abbia visto negli ultimi anni: la loro rabbia si concentra contro la classe politica di Lima, accusata di acuire il divario già esistente tra la capitale e le province più povere.
L’elezione del presidente Pedro Castillo, di origine amerindia, era stata una rivincita contro le classi meno abbienti, che avevano visto questo risultato politico come una rivalsa contro il disprezzo di Lima. Ed è stato proprio dopo la destituzione e l’arresto del presidente di sinistra, il 7 dicembre scorso, che erano cominciati i primi disordini.
Scontri tra manifestanti e polizia in Perù, dall’inizio della crisi 44 persone hanno perso la vita
All’origine dei disordini in Perù ci sono le imputazioni al presidente Castillo, accusato aver tentato un colpo di stato per sciogliere il Parlamento che si apprestava ad estrometterlo dal potere. Già durante la mattinata di giovedì era stato diramato l’annuncio della morte di un altro manifestante, ferito il giorno precedente negli scontri nel Sud.
Il bilancio attuale delle persone che hanno perso la vita dall’inizio della crisi sale così a 44: 43 manifestanti e un poliziotto. La polizia afferma che i rivoltosi hanno usato armi ed esplosivi rudimentali, prodotti in casa, mentre i gruppi per i diritti umani hanno accusato le forze dell’ordine di aver usato armi da fuoco letali durante le proteste.