La Legge Sirchia, è stata approvata il 16 gennaio del 2003, da allora c’è stato una trasformazione culturale in merito al fumo e una conseguenza positiva in termini di salute pubblica, ma resta ancora molto da fare
La legge Sirchia compie 20 anni: il divieto di fumo nei locali pubblici ha diminuito il numero di fumatori italiani?
Vent’anni fa fu approvata la legge Sirchia, chiamata anche legge numero 3 del 2003, con la quale si impose il divieto di fumo nei locali pubblici. Il nome deriva dal Ministro della Salute di quei tempi, Girolamo Sirchia e la legge entrò in vigore solo due anni più tardi: il 10 gennaio del 2005.
Ad oggi è considerato normale il divieto di fumare negli spazi pubblici al chiuso, ma prima della legge Sirchia non era affatto così: locali, bar, ristoranti, discoteche e qualunque genere di luogo di aggregazione erano anche uno spazio dove fumare. Infatti, alle fasi iniziali della sua esistenza, la legge numero 3 del 2003, ha riscontrato forti resistenze nella sua applicazione.
Ad oggi i dati statistici, ci danno la prova che la salute pubblica sta migliorando: i fumatori over 15 sono passati dal 33% del 2003 al 22% del 2019, con una lieve risalita riscontrata solo dall’arrivo della pandemia di Covid-19 in poi, tanto che le statistiche più recenti parlano del 24,2% dei fumatori. Numeri che danno conto di un’innegabile efficacia del provvedimento.
L’evoluzione normativa della legge Sirchia
Negli anni successivi della sua approvazione, la legge Sirchia ha subito un’evoluzione normativa che ha contribuito al miglioramento dei dati sulla salute pubblica. Già nello stesso 2003 si intervenne sulle regole di etichettatura, poi nel 2004 normando le pubblicità, ancora nel 2012 con il divieto di vendita ai minori e poi nel 2013 con l’estensione del divieto di fumo anche negli spazi esterni delle scuole (all’interno era vietato già dal 1975).
Nel 2016 il divieto è stato esteso alle pertinenze esterne degli ospedali e delle università, e anche in auto se in presenza di minorenni o donne incinte. Ci sono, inoltre, alcune iniziative di carattere locale, per esempio a Milano da gennaio 2021, anche se con ben poche sanzioni che estendono il divieto anche ad alcune aree all’aperto particolarmente affollate, come le fermate dei mezzi pubblici, i dintorni dei locali e i parchi.
I danni delle E-cig, le sigarette elettroniche.
Secondo i dati Istat “nel 2014 gli utilizzatori delle e-cig over 14 erano circa 800mila poi, soprattutto a partire dal 2017, si è visto un progressivo aumento, fino ad arrivare nel 2021 a quasi un milione e mezzo di persone, soprattutto tra i giovani”.
“Non abbiamo dimostrazione scientifica che aiutino a smettere di fumare e di utilizzare nicotina – afferma Roberta Pacifici, direttrice del Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell’Istituto superiore di Sanità – anzi i nostri dati dimostrano che questi nuovi prodotti (le sigarette elettroniche e anche il tabacco riscaldato ndr) contribuiscono alla recidiva di chi aveva smesso e ostacolano anche la cessazione, cioè il percorso di condivisione che le persone intraprendono proprio per liberarsi da questa dipendenza. Questo è un dato ormai acclarato». Inoltre «l’87% di chi consuma sigaretta elettronica è un consumatore duale, cioè consuma sia quella elettronica sia quella tradizionale”.
Le prospettive
In Italia negli ultimi 10 anni si stima siano morte a causa del fumo di sigaretta oltre 880mila persone, con una spesa per la sanità pubblica che supera i 26 miliardi di euro. Il tema, comunque, non è solo nazionale: in Europa i decessi imputabili al fumo degli ultimi dieci anni superano quota 7 milioni. A livello mondiale l’Organizzazione mondiale della sanità stima ci siano un miliardo di fumatori, concentrati soprattutto nei paesi meno ricchi e con almeno 2 su 3 che cominciano da minorenni. Inoltre sono stimati in 8 milioni i decessi l’anno, di cui almeno 1 milione e 200mila di non fumatori e quindi imputabili al fumo passivo. Anche per questo, l’obiettivo a cui molte città e nazioni ambiscono è lo smoke free, almeno in tutti gli spazi pubblici, per garantire una maggiore salubrità degli ambienti urbani.
Giulia Sacchi