Alfredo Cospito, detenuto al 41 bis nel carcere di Bancali, attraverso il suo avvocato descrive la sua vita come “l’inferno dal quale mai mi faranno tornare a riveder le stelle”. Lo ha rivelato Flavio Albertini Rossi, legale dell’anarchico italiano da più di due mesi in sciopero della fame per protestare contro il regime di carcere duro: per far valere le sue ragioni, Cospito aveva dichiarato di essere pronto “a sacrificare la vita“.
Intervenuto ai microfoni dell’Adnkronos, l’avvocato ha raccontato le sensazioni del suo assistito, costretto a passare “21 ore della sua giornata” in isolamento, in quello che è un provvedimento solitamente riservato ai vertici dei clan mafiosi o ai terroristi.
C’è una finestra nella cella di due metri e mezzo per tre metri e mezzo, una finestra schermata dal plexiglass che non si apre quasi mai e che si affaccia, al di là delle sbarre, su un cubicolo interno circondato da muri di cemento alti metri e metri, schiacciati da una rete metallica a chiudere il quadrato di cielo. Cospito vive in quella cella da solo, come impone il regime carcerario al quale è sottoposto, ci passa 21 ore della sua giornata. Le restanti tre le divide tra socialità, un colloquio di un’ora con gli altri 3 detenuti del suo gruppo di socialità, e due ore d’aria in quella sorta di cubicolo di cemento dal quale non può vedere un albero, una siepe, un fiore o un filo d’erba, un colore, solo sbarre e cemento.
L’avvocato di Cospito: “41 bis costringe detenuti a vegetare in cella”
Albertini Rossi ha tante domande da rivolgere alla giustizia italiana, a cominciare quale sia la finalità di un simile trattamento.
Il 41 bis non dovrebbe servire unicamente a recidere le comunicazioni con gli associati all’esterno del penitenziario? Rappresenta una punizione aggiuntiva oppure il tentativo di indurre il detenuto a fare ciò che volontariamente non farebbe mai? Perché rinchiudere queste persone esclusivamente in istituti penitenziari che si trovano su isole, costringendo i parenti a raggiungerli con viaggi-odissee per parlarci una sola ora al mese attraverso un vetro con il citofono? Perché consentirgli una sola telefonata al mese, chiaramente registrata, in alternativa al colloquio visivo, e per soli 10 minuti? Perché non consentirgli di sentire e vedere i familiari con maggiore frequenza, quale scopo persegue questa disciplina?
Il legale parla del 41 bis come “una micro sezione dove si è costretti a vegetare in cella 21 ore al giorno”, in barba alla rieducazione della pena e all’articolo 27 della Costituzione, relativo al principio di presunzione di innocenza.
Cospito non ha una vocazione suicida, non vuole morire, ha tanta voglia di vivere ma vorrebbe farlo degnamente. Solo 204 detenuti su 750 sono condannati all’ergastolo, ciò vuol dire che moltissimi di loro transitano dal 41 bis alla libertà. Ha senso tutto questo? Per i detenuti nemmeno il conforto dei libri, la merce più rara per quanti si trovano al 41 bis: o non li autorizzano, come avvenuto con quelli scritti dalla Cartabia o da Manconi solo per citarne alcuni, o, quando permessi, sono consegnati con estremo ritardo.
L’ultima chiosa dell’avvocato riguarda lo sciopero della fame al quale l’assistito ha scelto di aderire dal 20 ottobre scorso: da settimane Cospito assume solo gli integratori che gli permettono di sopravvivere.
È una sua scelta non mangiare, anzi prima del 20 ottobre scorso mi ha sempre descritto come buona la qualità del cibo a Bancali. Ti nutrono certo, ma sempre lì stai, in un regime che recide totalmente qualsiasi relazione umana, dove non vedi la natura, dove lo sguardo privo di profondità abbassa la vista, dove sei sottoposto a prescrizioni il cui l’unico scopo è avvilirti, umiliarti, fiaccarti, piegarti, privarti di identità e dignità. Come un pesce rosso ben nutrito, costretto a nuotare in un acquario dove tutto è sempre uguale a se stesso.