L’AgCom (Autorità garante per le comunicazioni) ha dato il via libera al regolamento sull’equo compenso per i diritti d’autore in favore di editori e giornalisti. L’ok definitivo va a cristallizzare una serie di norme, italiane ed europee, a tutela del pluralismo e della libertà di informazione. Il regolamento nello specifico, consente agli editori e ai giornalisti di chiedere chiedere ai giganti della Rete – come Google o Facebook (Meta) – un compenso giusto per i contenuti informativi che distribuiscono in Internet. Contenuti di qualità che sono, in concreto, articoli, fotografie, gallerie di foto, video, podcast e quant’altro. Vediamo nei ettagli
Diritti d’autore, via libera dell’AgCom al regolamento sull’equo compenso. Ecco cosa prevede
Il regolamento dell’Autorità stabilisce i criteri di determinazione dell’equo canone che si rifà al decreto legislativo 177 del 2021 e che attua in Italia la direttiva comunitaria sul copyright. Questo, nello specifico, prevede che il compenso venga calcolato sulla base di alcuni fattori quali il numero di consultazioni online dell’articolo, gli anni di attività e della rilevanza degli editori sul mercato, il numero di giornalisti impiegati, i costi sostenuti per investimenti tecnologici e infrastrutturali da entrambe le parti e i benefici derivanti, ad entrambe le parti, dalla pubblicazione (come visibilità e ricavi pubblicitari). Ora, a questi criteri, l’Autorità, tramite appunto l’approvazione del nuovo regolamento ne ha aggiunti altri e concernono l’adesione e conformità, dell’editore e del prestatore, a codici di autoregolamentazione (ivi inclusi i codici deontologici dei giornalisti) e l’adesione a standard internazionali in materia di qualità dell’informazione e di fact-checking. Nel comunicato rilasciato dall’AgCom si legge: “Il regolamento individua come base di calcolo i ricavi pubblicitari del prestatore derivanti dall’utilizzo online delle pubblicazioni di carattere giornalistico dell’editore, al netto dei ricavi dell’editore attribuibili al traffico di reindirizzamento generato sul proprio sito web dalle pubblicazioni di carattere giornalistico utilizzate online dal prestatore. Su tale base, all’editore, a seguito della negoziazione, potrà essere attribuita una quota fino al 70%, determinata sulla base dei criteri predeterminati. La presenza di un’aliquota massima ha l’obiettivo di rendere flessibile lo schema di determinazione dell’equo compenso, adattandolo alle diverse esigenze delle parti e alle diverse caratteristiche tanto dei prestatori quanto degli editori”. Il regolamento, dunque, consente ora a entrambe le parti in campo, gli editori come i giganti della Rete, di iniziare trattativa sull’equo compenso. A un mese dalla richiesta di trattare, e in caso di mancato accordo, una delle due parti potrà chiamare in causa proprio l’Autorità garante. A questo punto, entro il termine massimo di 60 giorni, l’Autorità potrà decidere quale cifra economica, tra quelle indicate dalle due parti, rispetti i criteri stabiliti dal regolamento. Se l’Autorità considera scorrette entrambe le cifre che le parti propongono, potrà stabilirne una di sua iniziativa. In sostanza, dunque, sarà l’Autorità stessa a decidere la cifra che considera effettivamente equilibrata e corretta. A quel punto, le parti – gli editori e i colossi di Internet – dovranno firmare un contratto sull’equo compenso. Se una delle parti si rifiutasse di firmarlo, l’altra avrà la possibilità di rivolgersi al “giudice ordinario specializzata in materia di impresa”.