La discussione sull’ergastolo ostativo porta allo scontro tra l’onorevole del M5S Stefania Ascari e la sua collega di Fratelli d’Italia Carolina Varchi, entrambe in Commissione Giustizia alla Camera. Per la prima, la sua riforma “va a disincentivare la collaborazione con la giustizia”, mentre la seconda replica che il governo Meloni “ha salvato la norma” dall’intervento della Corte Costituzionale.
Ergastolo ostativo, scontro tra Ascari (M5S) e Varchi (Fratelli d’Italia) sulla riforma del provvedimento per la lotta alla mafia
La giustizia è uno dei temi caldi sul fronte della politica interna. La riforma Cartabia è solo uno dei terreni di scontro tra maggioranza e opposizione, divise anche sulla riforma dell’ergastolo ostativo e delle intercettazioni, argomento, quest’ultimo, da sempre al centro di polemiche e attacchi reciproci tra destra e sinistra.
In particolare, l’ergastolo ostativo è stato al centro dello scontro tra l’onorevole Stefania Ascari del Movimento 5 Stelle e l’onorevole Carolina Varchi di Fratelli d’Italia, intervenute nella trasmissione “Nautilus”, condotta da Vanessa Piccioni e Francesco Fratta su Cusano News 7. La Varchi, capogruppo del M5S in Commissione Antimafia nella precedente legislatura, ritiene che l’intervento del governo Meloni sul provvedimento lo abbia peggiorato irrimediabilmente.
“Il governo Meloni ha ripreso il testo elaborato nella precedente legislatura, in cui era stato fatto un lavoro certosino di tutti i gruppi parlamentari, ma, invece di migliorarlo, quel testo è stato abbattuto e la sua riforma va a disincentivare la collaborazione con la giustizia“.
La replica della Varchi è, in realtà, un attacco al Movimento 5 Stelle.
“Non accettiamo lezioni da chi ha guidato un governo che ha scarcerato molti boss mafiosi con un decreto emanato durante la pandemia. Sorprende che sull’ergastolo ostativo non si dica una grande verità, e cioè che l’8 novembre scorso, la Corte Costituzionale era pronta ad abbattere la norma, giudicandola incostituzionale. L’ergastolo ostativo è un’intuizione brillante dei magistrati e della legislazione antimafia, ma rischiava di essere abbattuto dalla Corte. Il governo Meloni, invece, è intervenuto riportando la discussione sul testo al Senato che ora ha reso anche peggiori le condizioni per i boss mafiosi”.
La deputata di Fratelli d’Italia fa riferimento al decreto ‘Cura Italia’, emanato nel 2020 e con il quale si stabiliva che per ridurre il rischio di contagi nelle carceri italiane, i condannati per reati di minore gravità e con meno di 18 mesi da scontare potessero chiedere gli arresti domiciliari, misura che favorì alcuni boss della mafia.
Intercettazioni e lotta alla mafia, nuovi scambi di accuse tra le due deputate
Varchi e Ascari, entrambe in Commissione Giustizia alla Camera, hanno poi affrontato l’annosa questione delle intercettazioni, sul quale il governo presieduto da Giorgia Meloni ha promesso una stretta, annunciata anche dal Ministro della Giustizia Carlo Nordio. C’è chi ha suggerito che l’arresto del boss Matteo Messina Denaro possa aver giocato un ruolo importante nel costringere il governo a rivedere la propria posizione sulle intercettazioni, accuse che la Varchi restituisce al mittente.
“Non è assolutamente vero che il governo ha cambiato la propria idea sulle intercettazioni dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro. Fratelli d’Italia non ha mai mostrato segni di cedimento per quanto riguarda la lotta alla mafia e non ha mai detto di voler eliminare le intercettazioni come strumento di indagine. In questo, è perfetta la posizione espressa dal ministro Nordio: sono uno strumento indispensabile per la lotta alla mafia e al terrorismo, ma non per altri reati“.
Ma per la pentastellata Ascari, tale posizione è smentita dal taglio di fondi per le intercettazioni previsto dal governo.
“Il ministro smentisce se stesso e la prova è nel non aver dato più risorse alle intercettazioni. Al contrario, i soldi sono stati tolti e questo rappresenta un serio problema per la lotta alla criminalità organizzata. Un segnale grave come lo smantellamento del reato di abuso di ufficio e del traffico di influenze illecite. Indica un ritorno a una giustizia classista che favorisce evasori e corrotti“.