La tragica storia dello studente morto suicida a Roma nel 2019 ha individuato un colpevole: il professore di matematica. L’uomo, 68 anni, è accusato infatti di “abuso dei mezzi di correzione aggravato dalla morte” per aver umiliato e vessato l’alunno con chiare difficoltà di apprendimento. È questa l’accusa avanzata dal pm Stefano Pizza al docente dell’istituto magistrale Jean-Jacques Rousseau, nel quartiere Garbatella, che ora è finito sotto processo davanti alla corte d’assise. Luca (nome di fantasia), 17 anni, era un ragazzo con “Dsa”, cioè con disturbi specifici dell’apprendimento. La vicenda è finita anche al centro di un’interrogazione parlamentare del deputato di Fratelli d’Italia, Fabio Rampelli.
Studente suicida a Roma, il prof finisce sotto processo per le umiliazioni inferte al ragazzo. La vicenda
La tragedia risale all’11 luglio 2019. Quel giorno Luca scende nel garage della sua casa e si lega una corda al collo. A nulla sono serviti i tentativi di rianimarlo, il giovane era già morto all’arrivo dei soccorsi. Un dramma che inizialmente non solleva interrogativi: visti i disturbi che affliggevano il ragazzo, gli inquirenti valutano il gesto come un semplice suicidio. Poi però il racconto dei genitori del giovane e le testimonianze dei compagni di scuola aprono una nuova pista sulla morte del ragazzo. Luca, secondo gli alunni e i familiari, nell’ultimo anno di scuola avrebbe manifestato un serio disagio per le mortificazioni subite durante l’ora di matematica dall’insegnante. Alcuni giovani, infatti, hanno rivelato che il 17enne, qualche settimana prima di suicidarsi, aveva confidato loro che si sarebbe fatto del male. Nessuno, però, aveva dato peso a quelle parole. Anche i genitori ricordano che il figlio in quei giorni era particolarmente strano, più cupo del solito, ma non si poteva mai pensare a un epilogo simile. Il padre e la madre dello studente, appena sono venuti a conoscenza della versione fornita dagli amici del ragazzo, hanno subito informato gli investigatori. Gli studenti sono stati interrogati tutti, uno ad uno e, da quanto trapela, le testimonianze convergerebbero tra loro: in un caso, per esempio, è stato riferito che il prof lo avrebbe irriso dicendogli che la sua interrogazione l’avrebbe fatta “meglio un bambino di cinque anni di età”. Prende così forma l’ipotesi che Luca si sia tolto la vita proprio a causa delle umiliazioni subite. Il giovane, come ricordano tutti, era un ragazzo fragile, timido e i problemi d’apprendimento dovuti alla sua condizione erano evidenti, a tutti. Anche all’insegnante. Per questo i giudici hanno ritenuto valide le prove raccolte contro il docente che intanto è stato rinviato a giudizio e dovrà subire un processo. La prima udienza in Corte d’Assise è prevista per la metà del prossimo mese di aprile.