Cos’è il choking game e perché se ne parla? Si tratta di una sfida molto diffusa su alcuni social frequentati da giovanissimi, come Tik Tok, e ciclicamente sale alla ribalta delle cronache nere, a volte con il nome di “sfida del blackout”, perché può portare facilmente alla morte di chi la pratica: consiste, infatti, nel farsi mancare l’aria, spesso con l’aiuto di un laccio stretto attorno al collo, fino allo svenimento. Non sempre, però, finisce come dovrebbe: l’ultimo caso si è registrato in Argentina, dove una ragazzina di 12 anni sarebbe morta in diretta, secondo quanto riportato da Il Mattino, per aver preso parte alla sfida in videochiamata con i suoi compagni di classe, forse istigata dai bulli.
Cos’è il choking game e il caso della bambina morta in Argentina
Quello della ragazzina argentina è solo uno dei tanti casi di morte provocata dal choking game, la sfida di soffocamento che da anni, ciclicamente, impazza sul web, soprattutto tra i giovanissimi. Secondo quanto emerso finora, sembra che il corpo senza vita della bambina sia stato rinvenuto in casa dal padre, nella cittadina di Capitán Bermudez, nella provincia di Santa Fe. Milagros Soto, questo il suo nome, sarebbe morta soffocata nel tentativo di occludere le sue vie respiratorie con una corda, nel corso di una videochiamata con i suoi compagni di classe, ispirata dalla sfida diventata virale su Tik Tok. “Siamo inconsolabili perché le abbiamo dato così tanto amore”, avrebbe dichiarato la zia della ragazzina che, secondo i genitori, sarebbe stata istigata all’estremo gesto da parte di alcuni bulli. Sembra infatti che Milagros Soto avesse ricevuto su Whatsapp un messaggio con il link al “gioco”; forse avrebbe deciso di compierlo nel tentativo di sentirsi più accettata.
Ma cos’è nello specifico il choking game e perché è diventato virale sui social? È una moda che arriva dagli Stati Uniti con tanti nomi diversi, come “space monkey” o “funky chicken” e i ragazzi lo fanno per far salire l’adrenalina e dimostrare, a sé stessi e agli altri, di essere coraggiosi. Spesso, infatti, la sfida avviene in gruppo: l’obiettivo è provocarsi volontariamente uno svenimento, facendo ricorso all’iperventilazione; poi, premendo sulla carotide – con mani, lacci e cinture -, si blocca l’affluenza del sangue al cervello. A questo punto, per un tempo che va dai 4 agli 8 secondi circa, chi lo pratica perde i sensi. Ma nello stesso tempo si può anche morire. Dal 1994 ad oggi, negli Stati Uniti sono a centinaia i casi di morte per asfissia dovuti alla sfida, soprattutto tra i giovani dai 12 ai 16 anni, più facilmente influenzabili.
Anche nei casi in cui non risulti fatale, l’asfissia può inoltre provocare gravi danni al cervello. Chi gioca, ovviamente non pensa di morire, spesso sottovaluta i rischi; le sue valutazioni sono soggettive, basate su esperienze di persone ravvicinate, come quelle degli amici che hanno fatto lo stesso. “Posso farlo anche io”, si dicono, forse per dimostrare qualcosa. A ripagare il rischio, la sensazione di euforia che si proverebbe dopo lo svenimento, data dal tornare a respirare. Ma in tanti non ci riescono e quella sfida, nata per gioco, spesso si trasforma in un game over senza ritorno. Ad essere più a rischio, come ha dimostrato uno studio francese, sarebbero i pre-adolescenti e gli adolescenti depressi o con disturbi comportamentali, i quali, spesso annoiati e apatici, potrebbero essere attratti da questa ricerca del brivido, intendendola, a volte, come una prova generale prima di tentare il suicidio.