Torna il posto di polizia negli ospedali. O meglio: viene potenziato e dotato di personale aggiuntivo perchè, almeno sulla carta, un presidio di sicurezza dovrebbe essere sempre presente nelle maggiori strutture ospedaliere del Paese. Il problema infatti sono gli agenti impegnati nel servizio che a volte sono del tutto insufficienti (quando non assenti). Per ridurre il rischio delle aggressioni ai sanitari registrate di recente, il ministro dell’Interno Piantedosi ha proposto un piano di rafforzamento dei posti di polizia presenti nei luoghi più esposti al fenomeno, dunque anche gli ospedali. Per far questo, a breve, sarà pronta una fotografia dei contesti dove più frequenti sono state le aggressioni in modo da programmare interventi mirati e più incisivi.

Posto di polizia negli ospedali, cosa prevede la proposta del ministro dell’interno. Le novità

Secondo il ministro dll’Interno Matteo Piantedosi “i grandi poli ospedalieri hanno registrato negli ultimi tempi sempre più atti di aggressioni a medici e infermieri. Col tempo i presidi di polizia nei pressi degli ospedali erano stati dismessi o depotenziati, quindi attiveremo un progressivo piano di potenziamento” che, in sinergia col ministero della Salute, prevede la mappatura delle strutture in cui si sono registrati più atti di violenza per predisporre interventi in grado di arginare il fenomeno e garantire maggiore sicurezza a medici e personale ospedaliero. Per il ministro della Salute Orazio Schillaci resta comunque fondamentale decongestionare i pronto soccorso: “È fondamentale”, precisa Schillaci “che i malati arrivino al pronto soccorso soltanto quando ne hanno veramente bisogno. La strada è una sola: la medicina territoriale. Fino a oggi è stata l’anello debole del nostro sistema sanitario, ma ora è indispensabile rafforzarla, potenziarla, riqualificarla. Devono esserci altri luoghi in cui chi sta male riceve le prime cure”. Secondo Pierino Di Silverio, segretario nazionale dei medici ospedalieri del sindacato Anaao Assomed, la proposta di Piantedosi “è solo uno dei punti da analizzare, e neanche quello indispensabile. Noi abbiamo bisogno urgentemente, più che di presidi, che venga cambiata da legge del 2020 sul tema”, afferma. Il sindacato chiede un incontro urgente con il ministro per «l’apertura di un tavolo che abbia l’obiettivo di intervenire alla radice del problema». Quella del 2020 secondo Di Silverio “è una normativa che si è dimostrata fallimentare perché non ha prodotto risultati. Non prevede, in particolare, che il medico sia pubblico ufficiale o, almeno, che ci sia, per questi reati, la procedura d’ufficio che oggi è possibile solo per lesioni gravi: non dobbiamo morire perché chi aggredisce sia processato in maniera automatica”, afferma il segretario nazionale che, nel merito dell’annuncio fatto da Piantedosi, ci tiene a sottolineare come “gli agenti devono essere di polizia perché se fossero affidati a Esercito o a guardie giurate sarebbero inutili: queste figure, infatti, non hanno la possibilità di difendere le persone, non sono autorizzate ad intervenire fisicamente”, conclude. Per Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici, l’obiettivo principale è invece evitare le aggressioni dal principio, al di là di misure di sicurezza quali l’invio immediato delle forze dell’ordine che pure sono indispensabili. Per Anelli bisogna mettere in piedi “tutte le iniziative che evitano il conflitto”. Per farlo ci sarebbero due possibilità: “La prima”, spiega, ” è la deterrenza, quindi utilizzare la presenza negli ospedali di forze dell’ordine, o dell’Esercito, se il Governo dovesse valutare di non avere personale di pubblica sicurezza sufficiente per presidi in ogni pronto soccorso. E per quanto riguarda altre strutture, territoriali e guardie mediche, non ci devono essere più medici da soli in luoghi isolati: devono essere organizzate in edifici dove c’è altro personale”, afferma. La seconda, invece, “è parlare con i cittadini. Servirebbe quindi adottare la procedura che prevede personale adeguatamente preparato nella comunicazione con i cittadini per informarli. Servono “mediatori” in grado di spiegare ciò che sta accadendo, evitando situazioni di esasperazione. Migliorare la comunicazione riduce la conflittualità”, aggiunge. Il punto principale non è solo quello di garantire un rapido arrivo delle volanti o dei carabinieri sui luoghi di violenza, “ma è soprattutto prevenire. Quello che si può fare nell’immediato è migliorare le condizioni di lavoro degli operatori, la comunicazione con il cittadino”.