Perché il diesel costa più della benzina nonostante le accise più basse? Secondo i dati elaborati da Quotidiano energia sulla base delle comunicazioni fatte dai gestori all’Osservaprezzi del Mimit, aggiornati al 15 gennaio, il prezzo medio nazionale della benzina in modalità self sarebbe infatti, al momento, a 1,820 euro al litro, quello del diesel 1,871 euro al litro. Pur non trattandosi di un fenomeno nuovo, visto che, fatta eccezione per una breve parentesi registrata nel corso dell’estate, è ormai dallo scorso marzo che il prezzo del diesel supera quello della benzina, nell’ultimo periodo la differenza di prezzo è decisamente più evidente, per diversi motivi.
Ecco perché il diesel costa più della benzina
Nonostante abbia accise più basse, il diesel ha un costo maggiore rispetto a quello della benzina: è questo il fenomeno che si osserva presso i distributori e di cui tanti si chiedono il motivo. Si tratta della normalità, in questo periodo dell’anno: storicamente, con la fine dell’estate, la domanda di benzina – usata prevalentemente per la mobilità – si contrae, mentre quella del gasolio – usato, in quanto materia prima, non solo per i trasporti, ma anche per la produzione industriale e per il riscaldamento – aumenta sensibilmente. Di norma, comunque, la differenza nelle domande dei due prodotti si riduceva in uno scostamento minimo, fino a 3 centesimi al litro.
Il fatto che quest’anno la situazione sia più critica è soprattutto un effetto del conflitto in Ucraina, che ha determinato una minore importazione del gasolio dalla Russia, dal quale dipende il 30% circa del fabbisogno europeo, determinando una più alta differenza di prezzo rispetto alla benzina: fenomeno che si assiste non solo in Italia, ma anche in altri Paesi adiacenti, come la Svizzera. Inoltre, considerata la minore disponibilità di gasolio, si è scatenata una vera e propria corsa agli acquisti, che riguarda soprattutto le industrie, per fare scorta della materia prima sufficiente per diversi mesi al fine di scongiurare ipotetici razionamenti o interruzioni delle forniture, visto che il prossimo 5 febbraio dovrebbe entrare in vigore l’embargo che l’Unione Europea ha posto sui prodotti raffinati russi, che potrà rendere ancora più critica la situazione.
Ad incidere sugli aumenti, anche il taglio dello sconto di 18,3 centesimi al litro sulle accise previsto dall’esecutivo Draghi proprio dopo lo scoppio del conflitto e che, da marzo, è costato all’Italia 1 miliardo di euro al mese. Un fattore che, unito a quelli precedentemente elencati, spiega la differenza dei prezzi.
Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia: “In futuro andrà peggio”
A spiegare la situazione negli scorsi giorni è stato anche Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, che ai microfoni dell’Agi ha cercato di fare il punto su quanto sta accadendo. “La situazione è destinata a peggiorare nel fututo – ha spiegato -. Ovviamente speriamo tutti di no, ma i presupposti non sono buoni. C’è preoccupazione perché se c’è stata una tale confusione per un aumento di 20 centesimi delle accise sui carburanti, c’è da immaginare cosa succederà quando i prezzi schizzeranno più in alto e per altre ragioni”.
“I problemi sono iniziati con la guerra in Ucraina: la Russia esporta verso l’Europa quasi 30 milioni di tonnellate all’anno su un consumo europeo di oltre 100 milioni di tonnellate. Prendiamo dalla Russia circa un quinto dei nostri consumi”, ha proseguito Tabarelli. “I traders hanno smesso da tempo di comprare dalla Russia perché temono le sanzioni in attesa che il 5 febbraio scatti l’embargo sui prodotti raffinati”. “I prodotti come il diesel derivano dalla raffinazione e in Europa di raffinazione non ce ne è molta per le politiche ambientali messe in campo in questi anni. Ci vorrebbe più capacità di lavorare il petrolio ma non c’è. E allora andiamo a prendere il gasolio in altre parti pagandolo di più“, ha concluso.