Londra ha bloccato la legge approvata dal parlamento scozzese che permette alle persone trans di ottenere un certificato ufficiale che attesti il genere in cui si riconoscono a partire dai 16 anni e senza bisogno di una diagnosi psicologica. Per la prima volta dalla devolution dei tempi di Tony Blair, avvenuta a fine anni Novanta, Edimburgo si vede porre un veto a una legge approvata dal suo Parlamento. Il provvedimento aveva scatenato le reazioni di intellettuali femministe come la scrittrice e madre di Harry Potter, J.K. Rowling, che aveva bollato la Sturgeon e il governo scozzese come “misogini”. Da parte sua, il primo ministro scozzese, ha bollato la mossa del governo centrale come “inaccettabile”, un’arma politica che “potrebbe aprire il passo al blocco di altre leggi del parlamento nazionale scozzese in futuro”, ha detto.
Londra pone il veto alla legge scozzese sulle persone trans: il rischio di uno scontro costituzionale. Ecco cosa sta succedendo
La legge era stata proposta per la prima volta sei anni fa dalla prima ministra scozzese Nicola Sturgeon ed è stata una delle più dibattute tra i partiti e l’opinione pubblica. In Scozia le persone trans possono cambiare il proprio nome e il proprio genere sui documenti dal 2005, ma secondo il governo le procedure per richiedere la modifica erano eccessivamente invadenti e macchinose, al punto da scoraggiare molte persona a intraprendere le pratiche. Nello specifico la nuova legge permette alle persone trans sopra i 16 anni (prima erano 18) di fare richiesta di un certificato ufficiale che attesti il genere in cui si riconoscono senza bisogno di una diagnosi di disforia di genere (la condizione di disagio di cui soffre chi non si riconosce nel genere legato al proprio sesso di nascita), presentando solo un’autocertificazione. È quello che già succede in altri paesi europei come Irlanda, Danimarca, Norvegia, Portogallo e Svizzera: in Italia invece la diagnosi di disforia di genere è necessaria. Per Londra, però, il provvedimento di stop è necessario principalmente per due motivi: la legge scozzese di cambio facile di gender (inclusi i minorenni di almeno 16 anni) creerebbe disfunzioni e contraddizioni nel riconoscimento di genere da parte delle altre nazioni del Regno, anche per quelle scuole e istituzioni destinate a un solo sesso. Ma soprattutto, secondo l’esecutivo di Londra, resta un provvedimento che “mette a rischio la sicurezza delle donne”, negli spazi a loro riservati, come aveva fatto notare anche la stessa Rowling. Per questo il governo Sunak ha deciso di intervenire per la prima volta invocando l’articolo 35 dello “Scotland Act”, quello che consente il blocco nel caso in cui le leggi di uno stato entrino in conflitto con quelle del governo centrale. Uno scontro costituzionale insomma che molto probabilmente finirà in tribunale ed eventualmente davanti alla Corte Suprema. Secondo i detrattori l’abbassamento dell’età dai 18 a 16 anni, e soprattutto l’annullamento della visita medica che certifichi la disforia di genere prima dell’effettivo cambio di genere, può essere pericoloso in quanto possibile strumento per impostori o addirittura malintenzionati, anche negli spazi riservati specificatamente alle donne. “È una giornata nera per la democrazia e per i diritti trans”, ha risposto la ministra della giustizia sociale del governo devoluto scozzese, Shona Robison, che difende invece il provvedimento del suo governo locale. La legge, che è passata con 86 voti contro 39 al Parlamento di Edimburgo dominato però dal partito indipendentista di Sturgeon, Snp, non sembra però godere dell’appoggio della popolazione (oltre che di figure conosciute come J.K. Rowling): un sondaggio degli ultimi giorni evidenzia come un’ampia maggioranza di scozzesi sembrano contrari al provvedimento della leader indipendentista per i diritti trans.