Chi è Leoluca Bagarella e perché se ne parla in relazione all’arresto di Matteo Messina Denaro? Quarto figlio del mafioso Salvatore Bagarella, Don Luchino, che più tardi verrà soprannominato “la iena corleonese”, cognato di Totò Riina, è stato al comando della fazione stragista di Cosa Nostra, composta da Giovanni Brusca, Filippo e Giuseppe Graviano e Messina Denaro, macchiandosi di decine di delitti efferati, tra i quali la Strage di Capaci e l’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo. Fu arrestato nel 1995 a Palermo e attualmente sconta l’ergastolo in regime carcerario di 41 bis a Bancali, in provincia di Sassari.
Chi è Leoluca Bagarella?
Leoluca Biagio Bagarella nasce il 3 febbraio del 1942 a Corleone. Quarto figlio del mafioso Salvatore Bagarella, entra a far parte della cosca dei Corleonesi dopo che il fratello maggiore, Calogero, diventa uno dei fedelissimi di Luciano Liggio, Totò Riina – che nel 1974 diventerà suo cognato, dopo il matrimonio con la sorella Ninetta – e Bernardo Provenzano. Si macchia del suo primo omicidio “eccellente” nel 1977, con l’uccisione del colonnello dei carabinieri Giuseppe Russo. Solo la prima di una lunga lista di vittime, che include il giornalista Mario Francese e il vice questore Boris Giuliano, capo della Squadra mobile, entrambi impegnati ad investigare sugli affari della sua cosca.
Fermato nel 1979 ad un posto di blocco dei carabinieri, a cui aveva esibito documenti falsi, e trasferito nel carcere dell’Ucciardone, dopo un tentativo di fuga fallito viene raggiunto da un mandato di cattura del giudice Giovanni Falcone a seguito delle accuse di Tommaso Buscetta e Totuccio Contorno, venendo condannato a sei anni per associazione mafiosa al Maxiprocesso di Palermo, pena poi ridotta a quattro anni in Appello. Dopo essere stato scarcerato nel 1990, si sposa con Vincenzina Marchese, sorella del killer Giuseppe, futuro collaboratore di giustizia e, dopo l’arresto di Riina, prende il comando della fazione stragista di Cosa Nostra, di cui farte anche Matteo Messina Denaro, contrapponendosi alla linea più moderata di Cosa Nostra, guidata da Provenzano.
Nel 1992 inizia la stagione dei suoi grandi delitti: è uno dei responsabili della morte dell’esattore Ignazio Salvo; si macchia dell’uccisione del boss mafioso Alcamo Vincenzo Milazzo e della compagna Antonella Bonomo, incinta di 3 mesi. Nel 1993, è tra i mandanti della Strage di Capaci, nel 1995 uccide Domenico Buscetta, nipote del noto collaboratore di giustizia e, nel 1996, insieme a Messina Denaro, Gravino e Brusca architetta il rapimento del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito Santino Di Matteo, morto dopo 799 giorni di prigionia. Anni di efferati delitti, resi ancora più tragici, per l’uomo, dalla morte suicida della moglie, che condivideva con lui la latitanza, entrata in depressione in seguito a due aborti spontanei e per la vergogna di essere la sorella di Pino Marchese, primo pentito dei Corleonesi, ripudiato dalla famiglia Riina.
Che fine ha fatto “la iena corleonese”: l’arresto e la detenzione
Arrestato dalla DIA il 24 giugno 1995 in un’affollata via di Palermo, dove gli inquirenti riescono ad individuarlo grazie ad un suggerimento del collaboratore di giustizia Tullio Cannella, che aveva consigliato loro di seguire il suo autista, è sottoposto da allora al regime di 41 bis ed è stato condannato a più ergastoli per i suoi delitti. Attualmente sta scontando le pene nel carcere di Bancali, in provincia di Sassari. Nel 2020 è salito alla ribalta delle cronache per aver morso all’orecchio un agente penitenziario per protestare contro il regime di carcere duro previsto dal 41 bis. Nel corso della sua detenzione, in diverse occasioni ha preso di mira altri detenuti: nel 2005 aveva lanciato dell’olio bollente addosso a un boss della ‘ndrangheta, minacciandolo di morte.