La storia del Giudice Rosario Livatino raccontata ne Il giudice ragazzino, film di Alessandro Di Robilant che rappresenta un’eccezione al tipico racconto cinematografico della mafia.

Il Giudice Rosario Livatino, la sua vita lontana dal clamore e il suo senso di giustizia nel film Il giudice ragazzino di Alessandro Di Robilant

Giudice Rosario Livatino, Il giudice ragazzino, a causa della definizione di “giudici ragazzini” con cui Francesco Cossiga si riferì a quei giovani magistrati di prima nomina mandati a operare nelle zone più calde della Sicilia messa sotto scacco dalla mafia. L’ex presidente della Repubblica disse più volte che quelle parole non si riferivano al giudice assassinato dalla Stidda il 21 settembre del 1990, ma l’appellativo rimase comunque addosso a Livatino, le cui reliquie sono a Roma per la Peregrinatio Beati Rosarii Livatino – Fidei et Justitiae Martyris che le condurrà alla Camera e al Senato, fino ad arrivare, il 18 gennaio, all’Università Niccolò Cusano.
A lui, alla sua vita lontana dal clamore e dai riflettori, ai suoi ideali intransigenti e coraggiosi venne dedicata una pellicola intitolata proprio a partire da quell’appellativo ingeneroso: Il giudice ragazzino.

Rosario Livatino, Il giudice ragazzino, la trama del film

Rosario Livatino Il giudice ragazzino
Il giudice Rosario Livatino.

La trama de Il giudice ragazzino è basata sull’omonimo romanzo di Nando Dalla Chiesa, secondogenito del del generale dell’Arma dei Carabinieri Carlo Alberto dalla Chiesa, anche lui vittima della mafia proprio come Rosario Livatino. Il film racconta la sua lotta alla mafia come giovane sostituto procuratore del Tribunale di Agrigento. Qui due famiglie mafiose si contendono il territorio: quella di Antonio Forte e quella di Giuseppe Migliore (basati su Antonio Ferro e Giuseppe Di Caro, due veri capimafia di Canicattì). Quest’ultimo, per una tragica coincidenza, è vicino di casa del giudice, che vive una vita riservata con i suoi due genitori, Rosalia e Vincenzo. Tanto timido nel privato, quanto intransigente nel suo lavoro, Livatino (Giulio Scarpati), persegue i suoi obiettivi con una determinazione che lo fa emergere rispetto al contesto di connivenze e amicizie disdicevoli in cui si trova a operare e che, inevitabilmente, segna anche la sua condanna a morte. La mattina del 21 settembre 1990, mentre sta percorrendo la strada Canicattì-Agrigento, quattro sicari a bordo di una moto e di un auto lo affiancano e, dopo aver raggiunto la sua vettura con alcuni colpi di arma da fuoco, lo costringono ad abbandonarla per tentare una disperata fuga a piedi. Ferito e senza scorta – da lui sempre rifiutata – Livatino viene raggiunto da uno degli assassini, che lo uccide con un colpo di pistola.

Il giudice ragazzino, la produzione di un film nato per la tv e poi trionfatore a Berlino

La pellicola, ispirata all’omonimo romanzo di Nando Dalla Chiesa, è diretta da Alessandro Di Robilant. Alla sceneggiatura compaiono, oltre allo stesso Robilant, due importanti nomi della cultura del nostro paese: Ugo Pirro – sceneggiatore di alcuni dei film che hanno segnato la storia del cinema italiano, dalle sue numerose collaborazione con il regista Elio Petri, passando per Il giorno della civetta di Damiano Damiani, fino a Il giardino dei Finzi Contini di Vittorio De Sica – e Andrea Purgatori, giornalista da sempre in prima linea su alcune delle vicende più oscure della storia italiana e internazionale, dai delitti di mafia alla strage di Ustica, passando per la guerra in Libano e la guerra del Golfo.
Il produttore Maurizio Tedesco sottopose il progetto alla Rai che, inizialmente, pensò di trarne un film per la tv, girato in 16mm (il formato standard per questo tipo di produzioni). Tedesco e Di Robilant volevano, però, che il film arrivasse in sala e proposero di realizzarlo nel formato 35mm, che avrebbe garantito una resa migliore, a fronte di una spesa decisamente maggiore. La proposta venne accettata e la produzione partì con Giulio Scarpati protagonista, affiancato da una giovane Sabrina Ferilli (nel ruolo di un’avvocatessa che si innamora del giovane magistrato).
La scelta si rivela vincente. Il giudice ragazzino vince il premio ‘L’Angelo Azzurro’ al Festival di Berlino del 1994, oltre al David di Donatello al Miglior Attore per Giulio Scarpati, e ottiene anche un risultato da record quando Rai2 lo trasmise in prima serata.

Il giudice ragazzino, la critica elogia un film sulla lotta alla mafia “lontano dagli stereotipi”

Il film sulla vita e la tragica morte di Rosario Livatino ha il grande pregio di evitare il ricorso alla spettacolarizzazione retorica che caratterizzava il racconto di quegli anni sulla lotta alla mafia del grande e piccolo schermo. Come scrisse la rivista Segnocinema:

“Un film pudico e sommesso, schivo come il personaggio che racconta, aspro come il paesaggio che mette in scena: con uno sguardo finalmente estraneo a quell’orgia di stereotipi a cui il nostro cinema ha per lo più fatto ricorso quando si è trattato di rappresentare la mafia e la Sicilia”.

Livatino viene mostrato come un uomo dello Stato che fa il suo dovere, senza sensazionalismi o facili eroismi. Di Robilant descrive un uomo tranquillo, umile, cinefilo per passione e amante delle opere di Sergio Leone, John Ford e Ingmar Bergman. È proprio questa sua ‘normalità’ a renderlo eccezionale, in un ambiente definitivamente compromesso e corrotto dalla malavita e dalle sue infiltrazioni nelle istituzioni – che Livatino denuncia nel discorso che accompagna tutto il film, realmente pronunciato dal giudice durante un seminario tenuto a Canicattì, guardando in faccia gli stessi mafiosi e gli stessi politici che stava accusando. Una normalità che lo costringe alla solitudine e, di conseguenza, alla morte, che appare inevitabile fin da subito, determinando il suo destino di ” martire della giustizia e indirettamente della fede”, come lo definì Papa Giovanni Paolo II.

Per approfondire temi e curiosità legate al cinema, l’appuntamento è con Buio in Sala, la domenica dalle 20 alle 22 su Radio Cusano Campus.