Nuovo colpo di scena sulla scomparsa di Angela Celentano: il filone che ha portato le indagini fino in Turchia non sarebbe del tutto chiaro e ci sono elementi che vanno approfonditi. Lo ha deciso la giudice delle indagini preliminari di Napoli, Federica Colucci, che si è rifiutata di chiudere l’ultimo filone d’inchiesta ancora aperto per il quale la Procura aveva chiesto l’archiviazione. La cosiddetta “pista turca” era stata avviata dalla Direzione distrettuale antimafia nel 2009 dopo che una signora, Vincenza Trentinella, aveva rilasciato una dichiarazione secondo la quale un prelato, un tale Don Augusto, le avrebbe rivelato una confidenza ricevuta da un’altra donna durante una confessione: secondo quest’ultima, la bambina sarebbe stata rapita da un uomo che la spaccia per sua figlia e oggi vivrebbe sull’isolotto di Buyukada, in Turchia.

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Vincenza Trentinella, che non ha alcun legame affettivo o di conoscenza diretta con la famiglia Celentano, afferma di aver raccolto le confidenze di un prelato, Don Augusto, che a sua volta aveva ricevuto da un’altra donna nel confessionale. Trenitella, subito dopo la morte del prelato, afferma di aver viaggiato fino in Turchia per accertare la verità. E ha messo a verbale una fotografia della presunta Angela insieme al suo racconto, in base al quale Angela sarebbe stata rapita e vivrebbe su un piccolissimo isolotto turco che si chiama Buyukada, con un uomo che crede sia suo padre, con una cicatrice sul collo, e che la donna ha incontrato in uno studio veterinario fingendosi una turista che voleva portare a casa un gattino dell’isola. Il tale si chiamerebbe Fahfi Bey. Trenitella ha consegnato agli inquirenti un numero di telefono che lo stesso Bey aveva scritto su un bigliettino da visita. Qui la situazione si complica: quando la magistratura italiana chiede ai colleghi turchi di interrogare Fahfi Bey e manda i suoi investigatori per la rogatoria, succede che viene interrogato l’uomo che usa quell’utenza. Che però non è Fahfi Bey, ma Fahri Dal, il veterinario che evidentemente conosce Bey e gli lascia utilizzare lo studio. Fahri Dal non ha nessuna cicatrice, ovviamente, e non ha mai conosciuto la signora di quel gattino. Ma nell’annotazione di fine rogatoria c’è scritto che quell’uomo è Fahfi Bey. E c’è anche un nuovo numero telefonico che secondo il Servizio di Cooperazione internazionale di polizia è un’utenza aperta a nome Fahfi Bey. Il che, secondo la giudice, “vuol dire che un soggetto con questo nome esiste”, afferma, “e questa circostanza dev’essere approfondita” conclude. In sostanza, è stato interrogato l’uomo sbagliato. Sono ancora tanti gli elementi che non tornano, quindi serve che il pubblico ministero indaghi altri sei mesi e sciolga i nodi. L’avvocato Luigi Ferrandino, legale della famiglia Celentano, ha fatto sapere tramite l’agenzia Ansa di aver appreso dai giornali la notizia della riapertura dell’inchiesta. “Ho avvertito subito la famiglia. Non erano al corrente di questa indagine. Ho appena contattato Catello Celentano il quale mi ha ribadito la fiducia nell’avvocato e anche negli inquirenti. Abbiamo appreso dalla stampa dell’esistenza di un’ indagine della Procura di Napoli. La speranza è sempre viva e la famiglia si auguriamo che questa nuova inchiesta possa darci notizie certe su Angela”, ha detto. Nel mentre son passati 26 anni da quando il 10 agosto 1996, sul Monte Faito, Angela Celentano, che all’epoca aveva 3 anni, scomparve senza lasciare traccia. La piccola era con suo padre Catello, sua madre Maria e le sue sorelle Rossana e Naomi e partecipava a una gita organizzata dalla Comunità frequentata dai suoi genitori: quella della Chiesa evangelica pentacostale di Vico Equense, vicino a Napoli. Da un momento all’altro più nulla, della bambina non si è avuta più nessuna notizia. Un rincorrersi di finte piste, Dna, appelli, indagini e segnalazioni senza risultato. Fino ad oggi, con l’annuncio della riapertura delle indagini sulla pista turca, sperando che facciano chiarezza su uno dei misteri più fitti degli ultimi decenni.