Continuano in Israele le proteste contro il Governo Netanyahu e la proposta di legge sulla riforma della giustizia. Decine di migliaia di persone sono scese in strada a Tel Aviv come nelle altre grandi città del Paese. La pioggia battente, infatti, non ha fermato i manifestanti che con striscioni e messaggi denunciano un “governo della vergogna” e invitano a “abbattere il dittatore”, si legge. Il nuovo governo, considerato il più di destra nella storia dello stato ebraico, è composto da partiti ebraici di destra, estrema destra e ultraortodossi, gli stessi che tempo fa proposero una legge in grado di consentire ai medici l’obiezione di coscienza nel caso di pazienti gay.
Proteste in Israele, la riforma della giustizia infiamma gli animi contro il Governo. Ecco cosa sta succedendo
“Democrazia, democrazia”, il grido riecheggia in tutta la centralissima piazza Babima, a Tel Aviv, teatro del secondo sabato di proteste contro Netanyahu e le sue proposte di legge. La più discussa, quella che infiamma gli animi dei partecipanti riguarda la riforma del sistema giudiziario presentata dal ministro della giustizia Yariv Levin. Ma anche, come sottolineato nei cartelli, la dichiarata volontà del governo di limitare i poteri della Corte Suprema, considerata baluardo dei diritti civili in un Paese che non ha una Costituzione scritta. In assenza di una legge fondamentale messa nero su bianco, infatti, il potere giudiziario è l’unico organo in Israele che può controllare il governo e salvaguardare i diritti individuali. I critici della riforma giudiziaria sostengono che essa darebbe un controllo illimitato al primo ministro, mettendo in pericolo la democrazia. Ai principali promotori delle proteste si sono uniti anche gli oppositori della colonizzazione israeliana in Cisgiordania, il territorio palestinese occupato, e i movimenti di difesa dei diritti Lgbtqi+, preoccupati dalla presenza nel governo di ministri apertamente omofobi. Le proteste non hanno riguardato solo Tel Aviv: a Gerusalemme circa mille dimostranti si sono raccolti davanti alla residenza del premier (sotto accusa per diversi casi di presunta corruzione) e a quella del presidente Isaac Herzog, al quale si chiede di intervenire. Un’altra protesta, di uguale tenore e con gli stessi contenuti, in corso nella città di Haifa, il più grande centro a nord del Paese. Principali promotori delle manifestazioni è l’organizzazione anticorruzione Black Flags, che ha chiesto di “salvare la democrazia” in vigore in Israele sin dalla sua creazione nel 1948. “Bibi (Netanyahu) non vuole una democrazia, non abbiamo bisogno di fascisti alla Knesset”, si legge su uno striscione a Tel Aviv, riferendosi al Parlamento israeliano. “Un Paese in cui i giudici scendono in piazza per protestare”, ha detto Ayala Procaccia, ex componente della Corte Suprema nel suo intervento “è un Paese in cui si sono superate le linee rosse”. La manifestazione di oggi è stata la più grande da quando il governo Netanyahu ha prestato giuramento, il 29 dicembre scorso, dopo che lo stesso era stato estromesso dal potere nel 2021 con l’accusa di corruzione. A prendere parte alla protesta anche l’ex ministro della Difesa, il centrista Benny Gantz, che è arrivato alla dimostrazione a tel Aviv accolto dagli applausi. Gantz ha poi twittato: “Lotteremo in tutti i modi legali per prevenire un colpo di Stato”. Intervenuta anche l’ex ministra degli Esteri Tizpi Livni. Presenti alla manifestazione anche la presidente dei Laburisti, Merav Michaeli, il capo del partito arabo Raam Mansour Abbas e quello di Hadash (partito di sinistra) Ayman Odeh.