Stato d’emergenza in alcune zone del Perù. Il governo della presidente Dina Boluarte lo ha dichiarato sabato sera, per 30 giorni, a causa del perdurare di gravi tensioni sociali. Il decreto è stato pubblicato sul giornale ufficiale El Peruano e sancisce che “la polizia nazionale mantiene il controllo dell’ordine interno, con il supporto delle Forze armate” e la misura sarà “applicata per cinque autostrade” tra le principali del Paese come la Panamericana meridionale, la Panamericana settentrionale, l’Autostrada centrale, il Corridoio stradale sud Apurímac-Cusco-Arequipa e il Corridoio autostradale sud interoceanico. Il provvedimento riguarda alcune zone “calde” del Paese sudamericano come i dipartimenti di Puno (nel quale è stato introdotto anche il coprifuoco obbligatorio di dieci giorni dalle 20 alle 4 del mattino), Cusco e Lima e delle province di Callao, Andahuaylas nel dipartimento di Apurímac, Tambopata e Tahuamanu nel dipartimento di Madre de Dios e del distretto di Torata nel dipartimento di Moquegua.

Stato d’emergenza in Perù. Continuano le proteste, la premier Boluarte: “Non mi dimetto”

Mentre nel Paese andino le proteste e i blocchi stradali non accennano a diminuire, nei giorni scorsi la premier Dina Boluarte ha ribadito che non si dimetterà. “Alcune voci provenienti dalle fazioni violente e radicali chiedono le mie dimissioni, provocando la popolazione nel caos, nel disordine e nella distruzione”, ha detto Boluarte in un discorso trasmesso dalla tv di Stato venerdì sera. “Non mi dimetterò. Il mio impegno è con il Perù”, ha precisato. Da oltre 30 giorni, cioè dopo l’arresto e la destituzione dell’ex presidente Pedro Castillo, si sono scatenate le sommosse che hanno causato più di 40 morti e moltissimi feriti. I manifestanti chiedono le dimissioni della nuova presidente Dina Boluarte, la chiusura del Congresso e la liberazione di Castillo, arrestato con l’accusa di aver compiuto un colpo di Stato dopo che aveva provato a chiudere il Parlamento e a governare con decreti presidenziali, lo scorso 7 dicembre. Quel giorno, nel giro di poche ore, si è verificato un tentativo di colpo di Stato da parte dell’ormai ex presidente Castillo, seguito dalla decisione del Parlamento di destituirlo e dunque condurlo in arresto. Verso le 12 locali Castillo aveva pronunciato un discorso alla nazione in cui aveva ordinato lo scioglimento del Congresso, l’istituzione di un “governo d’eccezione” e il coprifuoco in tutto il Paese. L’annuncio di Castillo era arrivato tre ore prima che il Congresso votasse per la terza volta su una richiesta di impeachment nei suoi confronti. Il piano dell’ex presidente, però, non è andato come aveva previsto nelle sue intenzioni: sono arrivate le dimissioni dei ministri dell’Economia, della Giustizia, del Lavoro e degli Esteri. Il Congresso si è poi riunito in anticipo per votare la mozione d’impeachment, approvandola. In seguito, come previsto dalla costituzione peruviana, i poteri sono stati trasferiti alla vicepresidente Boluarte. Lei stessa, il 21 dicembre, ha poi presieduto a Lima la cerimonia di giuramento del nuovo governo di cui è premier Alberto Otárola, in sostituzione di Pedro Angulo. A fine dicembre, inoltre, il Congresso del Perù ha approvato la riforma che consente di anticipare le elezioni generali ad aprile 2024, due anni prima della scadenza naturale prevista per luglio 2026. Per questo i sostenitori di Castillo, molti dei quali vivono in regioni rurali poverissime, sono rapidamente scesi in piazza, dando il via alle proteste a gli scontri. Visto il numero di morti e feriti la procura generale peruviana ha avviato un’indagine proprio sull’operato della neo presidente Boluarte e di due ministri a causa delle violenze compiute dalla polizia proprio durante gli scontri dove un agente di polizia è stato bruciato vivo all’interno di un veicolo.