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Terremoto della valle del Belice, il ricordo dei sopravvissuti di 55 anni fa

Terremoto della valle del Belice, ecco il ricordo dei sopravvissuti di 55 anni fa. Il disastro è avvenuta parecchi anni or sono, la mattina del 14 gennaio 1968. Un evento sismico di magnitudo 6,4 che colpì le province di Trapani, Agrigento e Palermo. La prima forte scossa fu avvertita intorno alle 13.28 locali, con gravi danni nei paesi di Montevago, Gibellina, Salaparuta e Poggioreale. Una seconda avvenne alle 14. 15 tra Palermo Trapani e Sciacca. I movimenti tellurici si susseguirono poi fino alle prime ore della notte del 15 gennaio. Causò ingenti danni alle abitazioni e alla popolazione. Molti giornali dell’epoca riportarono addirittura di 379 morti, mille feriti e 70 mila sfollati circa. Questo terribile disastro devasto la vita di molte persone, lasciando dietro di se solo rovine. Fu uno dei più catastrofici sismi del secolo e ancora oggi viene ricordato da molte persone, che hanno subito perdite incalcolabili .

Terremoto della valle del Belice: le pulsanti città siciliane

Era domenica a Calatafimi e il consigliere Pietro Nocito, stava partecipando ad un comizio politico. E mentre ” irretiva”le masse bacchettando l’inefficienza del consiglio comunale dell’epoca. Il fervente politico urlava alla massa: ” Calatafimi svegliati” e la terra cominciò a tremare tra lo stupore e il terrore dei suoi concittadini. I partecipanti a quell’incontro politico ancora oggi sobbalzano, quando alla mente ripensano a quel giorno. E quella fu solo la prima delle violenti scosse, che intercorsero su tutta la valle del Belice. Oggi coloro che non sono morti o che hanno perso i loro cari durante questo ” cataclisma” non possono fare a meno di soffrire. Calatafimi fu solo una delle piccole località colpite dal violento disastro. In quel preciso momento presso le amministrazioni comunali limitrofe si stavano svolgendo le elezioni quinquennali per il rinnovo dei comuni. Una domenica come tante, con il tipico freddo pungente invernale e con un timido sole, che spuntava leggermente dalle ridenti vallate e montagne. La neve imbiancava le cime più alte indicando agli abitanti lo svolgersi della “cattiva” stagione. Si sarebbe detta una mattina qualsiasi di un qualunque week end siciliano e invece è accaduta una tragedia di proporzioni storiche.

Racconto della strage

A Gibellina, si stava svolgendo il ballottaggio delle elezioni, che si erano indette il 22 novembre addietro. I seggi erano aperti sin dalla mattina. Bella Gibellina, ridente cittadina Sicana, caratterizzata da un gruppo di case seminate a ridosso della Valle , come Salaparuta, anche lei investita dal grande freddo invernale. Poco distante da Santa Ninfa e Partanna ancora ignare della devastazione, che sta per invaderle e “sventrarle”.In altri comuni del Belice, invece si respirava aria di festa. La chiesa locale tutta agghindata per onorare il santo padronale lontano dal gruppo di case del Borgo e tutt’intorno, nessuno presagisce la fine degli agglomerati limitrofi. All’improvviso le fenditure si aprono nel terreno e qualcuno sente anche puzza di gas. Si avverte la scossa ed è subito un fuggi ,fuggi generale. Dopo mezz’ora, un’altro scossone. Le case divengono inagibili tutto cambia repentinamente. Le certezze della popolazione si sgretolano in un sol colpo. La luce è andata via e si scappa anche in pigiama, raccogliendo tutto quello che è possibile. La notte che dovrebbe portare consiglio, è invece caratterizzata da un continuo vociare e urla di persone terrorizzate. Le genti si ammassano, e c’è chi cerca di fare un falò per riscaldarsi. Tutti pregano. Tante sono le ave maria e i padre nostro recitati, la paura c’è ed è tangibile. I primi soccorsi giugono troppo tardi, alcune strade sono disagevoli e le abitazioni non raggiungibili. Ancora oggi quando si passa da questi luoghi si ha la sensazione che tutto non sia finito. Le donne al solo pensiero piangono ancora. Commemorano i loro figli piccoli tra le macerie e i loro cari. Il dolore è visibile anche adesso.

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