Cantautori e cantautrici, un dizionario che è anche un valido contributo all’industria musicale, un’idea sopra le righe di Michele Negri. Il direttore di Vinile è stato intervistato da Luca Rossi, su Radio Cusano Campus, sul tema. “Parte dal 2000, ma ho dovuto dare un periodo di grazia di una decina d’anni, non potevo certo escludere Max Gazzè, Carmen Consoli, Vinicio Capossela, Daniele Silvestri, che sono fondamentali per il nuovo millennio; diciamo dal 90 in poi con qualche eccezione. Nada è l’eccezione più grossa, esordisce nel 1968, ma dal 2000 diventa una cantautrice di tutt’altro stile e livello rispetto all’artista che era prima, comunque dignitosissima.”
Cantautori e cantautrici, perché?
“Da piccolo catalogavo i poteri dei supereroi, è una mia indole innata, è nel mio dna: lavoro nella musica da tantissimi anni quando fui inserito nella commissione targhe Tenco per facilitare il lavoro dei giurati, ho scoperto che esisteva un mondo sommerso magico, magnifico, e ho cominciato a scavare sempre più in profondità e conoscendo personalmente questi artisti, mi sono reso conto che molti soffrivano di scarsa visibilità che i media nazionali, le grandi risorse televisive non aiutano. La Rai in particolare è abbastanza cieca rispetto a questa cosa. Dirigo una rivista che chiama Vinile e ho cominciato a privilegiare recensioni di artisti indipendenti e piano piano mi è venuta voglia di catalogarli, fare un censimento. Mi sono concentrato su cantautori e cantautrici e mi sono detto devo arrivare a mille, e poi mi sono reso conto che ce n’erano altri due, trecento e altri ancora, fino a rendermi conto che potevo arrivare al mio anno di nascita cercandone altri”.
Le carriere musicali: il fattore che lega gli artisti?
“Una cosa che accomuna tutti è l’invisibilità, nel senso che non ci sono spazi per chi fa musica, la musica live è sempre più in difficoltà, e con la pandemia si è aggravata non tanto per il fatto che non si potesse suonare, che è ovvio, ma per il fatto che molti artisti di fascia alta non potendo suonare sono andati ad occupare spazi nei media che prima non occupavano. Quelli che occupavano gli spazi intermedi sono scesi più in basso, ad occupare spazi più piccoli, e per i piccoli non ci sono più possibilità – ha aggiunto l’autore – per quanto riguarda Sanremo è una kermesse che non ha più la funzione di vetrina, sono gli artisti che sono la vetrina di Sanremo. Sanremo ha perso la funzione di vetrina. Scelgono persone che hanno già un pubblico, è lo stesso discorso che si fa per i locali: quanta gente mi porti? L’Italia è dicotomica per quanto riguarda la musica, da una parte il revival, tutti programmi che vanno a toccare un pubblico di una fascia d’età avanzata, dall’altro si rincorre lo streaming, la visualizzazione non c’è più il Discoring di una volta.”