Portiere dell’Iran paga cauzione a venti prigionieri con premio mondiale. Ha pagato la cauzione per liberare 20 prigionieri del regime. Il gesto di solidarietà è arrivato dal secondo portiere dell’Iran, Payam Niazmand, cha ha partecipato ai mondiali in Qatar e ha deciso di usare il premio ricevuto per la qualificazione, per liberare venti suoi connazionali chiusi in carcere per aver manifestato contro il regime. Nessun dubbio su come utilizzare i soldi che si era guadagnato per meriti sportivi, Payam Niazmand. Un bottino di circa 9 mila euro. Il giocatore, portiere di punta della Persian Gulf Pro League, la Serie A locale, ha preferito utilizzare i soldi per aiutare diciotto uomini e due donne condannati a tre anni di carcere nella provincia di Isfahan, e incapaci di pagare le spese da soli a causa dei debiti. Non è specificato il motivo per cui questi uomini e donne fossero in carcere, potrebbe non essere legato alle proteste che da mesi ormai hanno paralizzato il Paese dopo la morte di Masha Amini. In ogni caso il gesto di Payam Niazmand resterà nella storia, così come quanto fatto con la sua squadra in Qatar. Non è il primo e probabilmente non sarà l’ultimo atto compiuto da sportivi iraniani che si schierano dalla parte dei manifestanti e contro quanto sta facendo il regime in patria. Infatti, se l’Iran non verrà ricordata per i suoi risultati, è arrivata terza ai gironi (che è comunque un risultato di tutto rispetto per la nazionale), lo sarà la scelta dei giocatori di non cantare l’inno durante il prepartita del primo match contro l’Inghilterra, in segno di solidarietà con i manifestanti. Un gesto che ha scatenato l’ira di chi sta guidando la lotta contro chi prova a mettersi contro il regime. Tanto che per la seconda giornata dei mondiali il governo iraniano ha inviato diverse guardie in Qatar, al seguito della nazionale, per controllare che la cosa non si ripetesse più dietro la minaccia di ricorrere a provvedimenti duri nel caso qualcuno si fosse ribellato. Minacce ai giocatori ma anche alle famiglie che avevano spinto e costretto i calciatori iraniani a stoppare la ribellione.

Portiere dell’Iran paga cauzione a venti prigionieri con premio mondiale, si aggiunge ad altri sportivi schierati contro il potere

La storia di Niazmand non è isolata. Nei giorni scorsi l’attaccante iraniano della Nazionale e del Porto Mehdi Taremi ha diffuso un messaggio sui social contro il regime: «La giustizia non può essere fatta con un cappio — ha scritto —. Quale società troverà pace con spargimenti di sangue ed esecuzioni giornalieri?». Il post è arrivato a poche ore dalla notizia dell’impiccagione di Mohammad Mehdi Karami e Seyed Mohammad Hosseini, rispettivamente di 22 e 39 anni. Senza dimenticare la storia del calciatore Amir Nasr-Azadani che è stato condannato a un totale di 26 anni di prigione, accusato di assembramento e cospirazione. Nel calcio come in altri sport, molti protagonisti si stanno muovendo a favore dei manifestanti. Per rimanere nel calcio, sin da subito non sono mancate le prese di posizione. L’attaccante del Bayer Leverkusen Sardar Azmoun aveva manifestato la sua indignazione contro il regime già a settembre, poche ore prima che la Nazionale scendesse in campo in un’amichevole contro il Senegal nascondendo lo stemma sotto un indumento nero. Impossibile poi non ricordare cosa è successo all’ex bomber Ali Daei, vera e propria leggenda del calcio iraniano, che a fine ottobre è stato arrestato per essersi schierato a favore delle in seguito all’uccisione di Mahsa Amini, una ventiduenne donna curda morta mentre era tenuta in custodia della polizia dopo essere stata arrestata perché non indossava correttamente il velo islamico. E non erano sfuggiti al pugno duro neanche i giocatori di beach soccer, né li ha salvati da un destino angosciante ed ignoto il fatto di aver trionfato nella competizione appena conclusasi negli Emirati Arabi, battendo in finale il Brasile.