Che cos’è la sindrome di De Quervain, quali sono i suoi sintomi più comuni e come si cura? Tutto quello che c’è da sapere sulla patologia, piuttosto diffusa e frequente, di cui soffre anche la conduttrice Serena Bortone che, negli scorsi giorni, dopo essere apparsa in tv con una vistosa fasciatura alla mano e al braccio sinistro, facendo preoccupare il pubblico, ha spiegato nel corso della sua trasmissione Rai di essere stata costretta ad operarsi a causa dell’evoluzione del suo malessere al polso, un problema che la affliggeva già dallo scorso ottobre quando, scherzando, aveva dichiarato di essersi infortunata per aver usato troppo il telefonino la notte delle elezioni. Capiamo di cosa si tratta.
Che cos’è la sindrome di De Quervain, quali sono i suoi sintomi principali e quale è la terapia?
Si chiama sindrome di De Quervain una tenosinovite stenosante, cioè un’infiammazione che colpisce la guaina che riveste i due tendini collegati al movimento del pollice: un disturbo abbastanza diffuso e frequente, che si manifesta solitamente dopo un uso ripetitivo – in particolare la torsione – del polso, soprattutto nelle giovani mamme, probabilmente perché abituate a sollevare ripetutamente il loro piccolo con le braccia tese e utilizzando, appunto, i polsi, ma anche in coloro che usano lo smartphone per digitare in modo frequente. Ma può anche trattarsi di una conseguenza dell’artrite reumatoide, una patologia di tipo immunologico che colpisce le articolazioni. In tutti i casi, i suoi sintomi principali, che spesso compaiono progressivamente, sono:
- dolore persistente al polso, dal lato e alla base del pollice, che tende a peggiorare con il movimento, ad esempio mentre si afferra solidamente un oggetto;
- tumefazione lungo il decorso dei tendini, compatta ed estramemente dolente alla pressione;
- sporgenza dolorosa, più o meno accentuata, in corrispondenza dell’ispessimento del canale fibroso;
- dolore esteso dal pollice all’avambraccio, in caso di trascuratezza della malattia.
La diagnosi della sindrome di De Quervain è fondamentalmente clinica: i medici la diagnosticano quando rilevano dolorabilità sui due tendini del polso dal lato del pollice, solitamente accompagnata da gonfiore. Per accertarsi che si tratti del disturbo, ai pazienti viene spesso chiesto di eseguire il test di Finkelstein, che consiste nel chiudere la mano a pugno, serrare le dita lunghe attorno al pollice e flettere il polso verso il mignolo. Nel soggetto affetto dalla malattia, tali movimenti risultano infatti difficoltosi a causa del dolore intenso, che risulta acuito quando si inclina il polso. La successiva ecografia consente di evidenziare con precisione le alterazioni infiammatorie dei tendini e predisporre la terapia adeguata.
Nelle fasi iniziali, il trattamento è perlopiù di tipo conservativo, comprende cioè il riposo funzionale e l’eventuale assunzione di farmaci antiinfiammatori per ridurre la flogosi, l’infiammazione. Contro il dolore, si consiglia in questa fase di applicare sulla zona interessata una borsa di ghiaccio e, nei casi più importanti, ricorrere alla somministrazione di corticosteroidi mediante infiltrazione. Quando invece i sintomi sono gravi e tendono a non risolversi con le terapie convenzionali, si rende necessario il ricorso al trattamento chirurgico (puleggiotomia). Si tratta di un’operazione che consiste nell’aprire la guaina, in modo da favorire il corretto scorrimento dei tendini. L’intervento è risolutivo e gli effetti positivi sono immediati, apportando sollievo al paziente già dopo tre o quattro giorni dall’operazione: la prognosi, quindi, è eccellente.