Compiti a casa: mentre il modello scolastico finlandese continua a persuadere, perché snello e smart, il modello scolastico italiano continua ad affermare se stesso. Il problema dei compiti a casa, tanto per citarne uno, non è risolto. Nonostante le battaglie delle associazioni di genitori, e le opinioni dei docenti esperti, le famiglie si vedono ancora travolte dalle esercitazioni dei figli. Come se le lezioni frontali non bastassero, anche il tempo libero a casa viene utilizzato dalla scuola. Ne abbiamo parlato con Daniela Basile, insegnante Montessori e parent coach, ad Open Day, su Radio Cusano Campus. “Non ho mai assegnato compiti, pur avendo lavorato nella scuola statale come insegnante Montessori – ha affermato la Basile – i compiti che assegnavo, in realtà, erano soltanto creativi, spingevano i bambini a manifestare interesse verso qualcosa attraverso le passioni! E’ importante che i bambini non si sentano costretti. Quando si svolgono i compiti viene sacrificato il tempo e la famiglia, quel tempo è apprendimento che deve provenire dalla scuola.”

Compiti a casa, cosa vuol dire assegnare compiti creativi?

Compiti a casa: le tipologie sono molteplici. Oltre ai compiti standard, alcuni insegnanti propongono esercizi alternativi come leggere, scrivere, a piacere, passeggiare, osservare un tramonto, guardarsi intorno. “Scegli un libro che ti piace e leggilo – dicevo ai miei alunni – e una volta che lo hai letto al ritorno a scuola ne parliamo, oppure scrivine uno tu! – aggiungevo, dice Basile – ci sono bambini più sensibili alla lettura, altri alla scrittura, altri ancora più attenti a guardare fuori e osservare la realtà intorno. Cosa vedi intorno a te e come puoi interpretare il mondo intorno? Sono aspetti che arricchiscono, è una creatività che ai bambini manca. Se lasciamo liberi i bambini di stupirsi. Ho lavorato – come parent coach – con tante mamme e insegnanti e la mi riportano che i bambini imparano anche da soli.”

Il punto di vista dei docenti

Consapevoli dei vantaggi dello studio autonomo, e della sensazione di libertà e dei benefici dell’apprendimento nello scegliere le materie autonomamente, perché i professori non cambiano strategia? “C’è un’aspettativa alta da parte delle famiglie. I genitori chiedono che i figli facciano vedere i compiti per seguire la didattica e accertarsi del lavoro svolto a scuola, da una parte i professori li capisco – ha sottolineato la Basile – è anche giusto l’allenamento a casa, ma quello che non tollero è la quantità di compiti che viene assegnata. Parlo con mamme e amiche disperate dalla quantità disumana, quasi punitiva. Io sono insegnante e so che in quelle ore spiego il concetto e faccio in modo che lo capiscano. Ogni bambino ha il suo grado di apprendimento. Se su un argomento ti soffermi riesci a passarglielo, poi puoi accertarsi se il bambino ha appreso. La mole esagerata di compiti sembra quasi una dimostrazione del lavoro svolto in aula. Il compito è, e deve rimanere, un’integrazione di quello che fai in aula, per questo non dovrebbero esserne assegnati tanti. Col metodo che la scuola adotta è come se si volesse dimostrare che in aula si lavora.”

La potenzialità dell’errore e la missione dell’insegnamento

Un altro dei motivi per cui la scuola carica di lavoro gli studenti, a casa, è perché non assolve al ruolo con amore. “Fare l’insegnante è una missione, che bisogna sentire nel cuore. I bambini sono affamati di conoscenza e voglia di fare, bisogna permettere loro di sbagliare e smettere di demonizzare l’errore che ha potenzialità importanti. Bisogna insegnare ai bambini come correggersi, invece vivono l’errore con terrore. Mi è capitato di dire ad alcuni bambini hai sbagliato, mi guardavano come un’aliena, si aspettavano una punizione, di fatto davo loro la possibilità di correggersi – ha aggiunto Daniela Basile, già impiegata in una scuola privata Montessori – i ragazzi li considero figli, tutti quanti. Ci indicano la strada di come apprendere. Maria Montessori promuoveva l’errore nei suoi libri definendolo il grande maestro e già all’epoca criticava il sistema scolastico esistente. Erano gli anni in cui aprì la casa dei bambini a Roma, nel quartiere San Lorenzo, era il 1907. Ad oggi, pochi altri docenti seguono l’esempio”.