Il GUP ha respinto per ben due volte la richiesta di archiviazione del caso della donna morta dopo aver assunto il paracetamolo, il principio attivo al quale era allergica.

Nella cartella clinica della paziente ricoverata nell’ospedale di Prato era specificata chiaramente la sua allergia eppure, alla donna venne prescritto un farmaco a base di paracetamolo e pochi giorni dopo, la paziente è morta.

In seguito all’accaduto, i familiari della donna hanno sporto denuncia ma la Procura ha richiesto l’archiviazione del caso, non rinvenendo nella perizia tecnica, nessun collegamento fra la somministrazione del farmaco e il decesso.

Entrambe le richieste sono state respinte dal GUP che vuole scavare a fondo nella vicenda e vederci chiaro.

Proprio per questa ragione, gli atti sono stati rinviati alla Procura ed è stato disposto che venga riformulato il capo di imputazione nei confronti del medico che prescrisse il farmaco e dell’infermiera che fisicamente somministrò il medicinale alla donna. Entrambi sono indagati per omicidio colposo.

Prato, la ricostruzione della drammatica vicenda: la donna è morta dopo l’assunzione del paracetamolo

Come riportato da “La Nazione”, i fatti risalgono al 6 luglio del 2021, il giorno in cui avvenne il decesso della donna dopo un lungo calvario, iniziato mesi prima, a maggio, quando era stata ricoverata in ospedale per una polmonite.

Successivamente, la donna venne ricoverata in una struttura socio-sanitaria in cui avrebbe dovuto continuare la terapia antibiotica.

Tuttavia, il giorno dopo il trasferimento nella struttura, uno dei medici di turno della Rsa, le prescrisse una tachipirina, nonostante la cartella clinica riportasse l’allergia al paracetamolo della donna e, un’infermiera le somministrò il farmaco.

A partire da quel momento, le condizioni di salute della paziente cominciarono ad aggravarsi e la donna venne portata d’urgenza al pronto soccorso. I medici dell’ospedale notarono delle eruzioni cutanee su gran parte corpo della donna, il che li fece pensare a una “sospetta sindrome di Lyell”.

I risultati della perizia e la decisione del giudice

Dopo il decesso, la famiglia della donna ha sporto denuncia e da quel momento è stata aperta un’indagine.

Secondo le conclusioni del perito della Procura, la causa del decesso sarebbe da addebitarsi alle già precarie condizioni di salute della paziente e non all’assunzione del paracetamolo e alla conseguente insorgenza della sindrome.

Il giudice, invece, ha ritenuto che nella perizia tecnica fossero presenti svariate contraddizioni. Tra queste, spicca fra tutte, il fatto che il perito non abbia indicato che la donna avesse delle patologie pregresse e che, prima dell’assunzione del paracetamolo, le sue condizioni di salute erano “stazionarie”.

Queste contraddizioni hanno spinto il GUP a rinviare gli atti alla Procura e a non disporre l’archiviazione del caso né dell’accusa nei confronti dell’infermiera che anche se, in quel momento agiva come “mera esecutrice degli ordini del medico”, era sufficientemente preparata e formata per leggere una cartella clinica e comprendere che proprio il principio attivo alla base della Tachipirina avrebbe potuto causare dei seri danni alla paziente. Per il medico e per l’infermiera, l’accusa è di omicidio colposo.

Cos’è e a cosa serve il paracetamolo?

Il paracetamolo è un principio attivo dotato di attività antipiretica ed analgesica.

Generalmente i farmaci a basi di paracetamolo sono considerati piuttosto sicuro, tanto da essere somministrati anche ai bambini ma seguendo gli opportuni dosaggi.

Disponibile in svariate formulazioni farmaceutiche, il paracetamolo può essere somministrato per via orale, per via rettale e per via parenterale.

I farmaci a base di questo principio attivo possono essere assunti da adulti, adolescenti e bambini per il trattamento sintomatico degli stati febbrili e per il trattamento del dolore di diversa origine e natura, come ad esempio mal di testa, dolori muscolari, dolori osteoarticolari, mal di denti, nevralgie, dolore post-operatorio, dolori mestruali e altri.