È stata assolta Selene Ticchi, l’ex militante di Forza Nuova che il 28 ottobre 2018, in occasione della ricorrenza della Marcia su Roma, aveva partecipato a una parata Predappio indossando una maglietta con scritto ‘Auschwitzland’. Per il Tribunale di Forlì il fatto non sussiste reato. Il giudice, dopo una breve camera di consiglio, ha dunque assolto la cinquantaduenne bolognese all’epoca militante di Forza Nuova e ora nel Movimento nazionale rete dei patrioti, finita a processo per la violazione della Legge Mancino. La Procura, che aveva chiesto per la donna una condanna a nove mesi, nel 2019 ottenne un decreto penale con multa di circa 9mila euro. Ticchi, assistita dal marito avvocato Daniele D’Urso, però si oppose dando così inizio al dibattimento.

Assolta l’ex militante di Forza Nuova Selene Ticchi: aveva indossato la maglietta con scritto ‘Auschwitzland’. La vicenda

“Sono molto molto soddisfata. Per ora non dico altro” sono queste le uniche parole pronunciate dalla Ticchi subito dopo la sentenza. La donna era accusata di aver violato l’articolo 2 della legge 205 del 1993, contro le discriminazioni razziali, la cosiddetta legge Mancino. Ad avallare le tesi della procura anche l’avvocato della parte civile, Antonio Giambrone, che tutelava l’Anpi, l’associazione nazionale dei partigiani, che aveva innescato il fascicolo penale proprio all’indomani della parata nostalgica del 28 ottobre 2018 (come parte civile s’era costituito anche il figlio di un sopravvissuto a un lager nazista). Le motivazioni dell’assoluzione sono sostanzialmente racchiuse nelle dichiarazioni rese dall’avvocato Daniele D’Urso, difensore nonchè marito della donna: “Nessuna simbologia politica, nessuna intenzione di inneggiare agli orrori nazisti. Quella maglietta, anzi, ha rappresentato un gesto di protesta, in quanto faceva parte di una serie di gadget messi sul mercato da chi lucra sul dolore delle stragi e sulla memoria storica collettiva. Sulla Shoah così come sui gulag o sulle atrocità commesse in Vietnam…”. L’imputata era già stata ascoltata lo scorso 21 Novembre e nell’occasione aveva chiesto perdono a chi si fosse sentito offeso: “Chiedo scusa, non volevo assolutamente ferire i sentimenti di nessuno, tantomeno di famigliari di vittime della Shoah…”. Una dichiarazione magari forzata, ma forse decisiva per la sentenza di assoluzione. Le motivazioni dell’assoluzione, con la formula “perché il fatto non costituisce reato”, arriveranno tra due settimane e a quel punto i pm, guidati dal procuratore Maria Teresa Cameli, decideranno se impugnare la sentenza. All’epoca il procuratore parlò di un “fatto molto grave, che non può essere giustificato come una leggerezza o un eccesso di goliardia. I fatti della Seconda Guerra Mondiale, e in particolare dello sterminio degli ebrei, grondano sangue e debbono sempre e solo suscitare rispetto e commozione”, disse.

Le reazioni

Il primo a esporsi pubblicamente è stato l’ex sindaco di Marzabotto e deputato PD, Andrea De Maria che ha detto: “Sinceramente non so cosa ci poteva essere di più evidente rispetto alla violazione della normativa vigente. Un brutto segnale per il Paese e per i valori democratici. A maggior ragione mi sento impegnato a promuovere la proposta di legge, sottoscritta con altri colleghi alla Camera ed al Senato e condivisa con l’Anpi, per rendere più efficace il contrasto alla apologia del fascismo e del nazismo”. Anche il presidente dell’Anpi Forlì Gianfranco Miro Gori, ‘Associazione, si è detto, costituita parte civile nell’esposto che fece partire la stessa inchiesta su Tecchi, ha detto: “Non commento le sentenze. Resto dell’idea però che quella è una maglietta da non portare. Assolutamente”.