Stipendi, arriva l’ipotesi di detassare gli aumenti retributivi stabiliti dai rinnovi dei contratti, molti dei quali già scaduti da anni. È la misura allo studio del governo guidato da Giorgia Meloni e della quale ne ha parlato la ministra del Lavoro e delle Politiche sociali, Marina Elvira Calderone in risposta a un’interrogazione parlamentare del Partito democratico alla Camera. L’ipotesi è quella di detassare gli aumenti delle retribuzioni dei lavoratori derivanti dei nuovi contratti per favorire la chiusura dei tavoli delle trattative e sostenere gli stipendi dei lavoratori, soprattutto dalla crescente inflazione degli ultimi due anni. La detassazione riguarderebbe 13 milioni di lavoratori del settore privato che hanno il contratto scaduto da oltre sette anni. La misura è stata già utilizzata, anche recentemente: la legge di Bilancio 2023, infatti, ha previsto il dimezzamento della cedolare secca applicata ai premi di risultato, portandola dal 10% al 5%. Altro esempio di detassazione è quello relativo al limite di 3.000 euro dei premi di risultato, tetto innalzato già da Mario Draghi da 258 euro a 600 euro, fino ad arrivare a 3.000 euro, poi confermato da Giorgia Meloni nel decreto “Aiuti quater”, ma solo per i premi trasferiti ai dipendenti fino a ieri, 12 gennaio. In assenza di altri correttivi, si torna al tetto dei 258 euro previsto fino a un anno fa.

Stipendi aumenti, detassare gli incrementi dei rinnovi contrattuali: la nuova misura allo studio di Giorgia Meloni

“Il tema della contrattazione collettiva rappresenta una questione di rilevante interesse in materia di tutela delle condizioni di lavoro – ha detto Marina Calderone nel corso dell’interrogazione parlamentare – Il primo obiettivo di una efficace contrattazione è quello di assicurare livelli salariali adeguati rispetto alla situazione lavorativa e al contesto socio-economico in cui viene svolta. Quello dei ritardi, anche di diversi anni, del rinnovo dei contratti è, purtroppo, un tema noto. Su questa materia si sono cimentati, anche nel recente passato, i governi che ci hanno preceduti, senza particolari esiti. La direttrice per l’aumento dei salari è la contrattazione collettiva che, nello sviluppo delle dinamiche retributive, deve mantenere la sua centralità. Per questo motivo il governo – e il ministero del Lavoro, aggiunge Calderone – si attiverà per fornire ogni utile forma di assistenza e supporto per accelerare la definizione dei rinnovi contrattuali con l’impegno di ridurre il cuneo contributivo e fiscale di 5 punti percentuali nel corso della legislatura, percorso già iniziato con gli interventi della Manovra di Bilancio. Ma anche di forme di tassazione agevolata – ha concluso l’intervento – sulla scia e ad implementazione di quanto già fatto recentemente con la legge di Bilancio”.

Taglio cuneo fiscale e contributivo, gli obiettivi del governo

L’ipotesi di aumentare gli stipendi detassando gli scatti retributivi anche al primo livello della contrattazione, per lo meno di quei contratti che sono bloccati da anni, potrebbe dare il suo contributo a sbloccare il rinnovo stesso mediante l’incentivo fiscale. Il problema sarà superare le osservazioni che muoveranno i tecnici della Ragioneria generale dello Stato e arrivare a condizioni di parità nei riguardi di quei lavoratori che hanno recentemente ottenuto il rinnovo contrattuale, non beneficiando della detassazione sugli aumenti retributivi mediante incentivi fiscali. Infine, la ministra Marina Calderone ha confermato l’impegno del governo a ridurre il cuneo fiscale, implementando le misure già messe in campo nel 2023 con la conferma dello sconto contributivo del 2% degli stipendi fino a 35.000 euro all’anno di derivazione dal governo di Mario Draghi e dell’ulteriore 1% in più per le retribuzioni annuali fino a 25.000 euro. Giorgia Meloni ha annunciato che lo sconto contributivo andrà a favore dei lavoratori per i due terzi, e delle imprese per un terzo, come obiettivo da raggiungere in tutta la legislatura.