In Uganda è stata dichiarata oggi la fine dell’epidemia di Ebola da virus Sudan, a meno di 4 mesi dalla conferma del primo caso nel distretto centrale di Mubende, il 20 Settembre del 2022.
I casi erano inizialmente concentrati nei distretti della regione centrale di Mubende e Kassanda, tuttavia l’epidemia sembrava essere andata fuori controllo quando sono stati registrati casi positivi in almeno altri sette distretti, compresa la capitale Kampala.
A riferire la notizia è stata l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), ricordando che quella che ha colpito il Paese africano è stata la prima epidemia di Sudan ebolavirus in un decennio e la quinta in assoluto per questo tipo di Ebola.
Il bilancio complessivo è stato di 164 casi di cui 142 confermati e 22 probabili, 55 morti e 87 guariti.
Il tasso di letalità, ossia il rapporto fra decessi e infezioni, è stato del 47%. Oltre 4mila persone sono entrate in contatto con casi confermati e sono state monitorate per 21 giorni. L’ultimo paziente è stato dimesso il 30 Novembre scorso, facendo partire il conto alla rovescia di 42 giorni per dichiarare la fine ufficiale dell’epidemia, il doppio del periodo di incubazione dell’Ebola.
Uganda fine epidemia Ebola: intensificate le misure chiave
“L’Uganda ha posto rapidamente fine all’epidemia di Ebola intensificando misure chiave come sorveglianza, tracciamento, prevenzione e controllo. Abbiamo potenziato gli sforzi per mettere in atto una risposta forte nei 9 distretti colpiti, ma la “bacchetta magica” sono state le nostre comunità, che hanno compreso l’importanza di fare quanto necessario per porre fine all’epidemia e hanno agito nella direzione giusta”, afferma il ministro della Salute, Jane Ruth Aceng Acero.
Anche Tedros Adhanom Ghebreyesus , direttore generale dell’Oms ha commentato la notizia della fine dell’epidemia in Uganda:
“Mi congratulo con l’Uganda per la sua risposta solida e completa che ha portato alla vittoria di oggi sull’Ebola. L’Uganda ha dimostrato che l’Ebola può essere sconfitta quando l’intero sistema lavora insieme, le lezioni apprese e i sistemi messi in atto contro questa epidemia proteggeranno gli ugandesi e altre popolazioni negli anni a venire”.
Per il direttore regionale di Oms Africa, Matshidiso Moeti, quest’ultima “è stata una delle epidemie di Ebola più impegnative degli ultimi 5 anni, ma l’Uganda ha mantenuto la rotta e ha perfezionato continuamente la sua risposta”.
Dall’inizio dell’epidemia, grazie alla collaborazione fra Oms e diversi partner, rimarca l’agenzia ginevrina sono stati individuati tre candidati vaccini e oltre 5 mila dosi di questi prodotti sono state inviate nel Paese africano.
“Sebbene i candidati vaccini non siano stati utilizzati durante questa epidemia, rimangono il contributo dell’Uganda e dei nostri partner alla lotta contro l’Ebola conclude Yonas Tegegn Woldemariam, rappresentante dell’Oms proprio in Uganda. La prossima volta che il Sudan ebolavirus colpirà, potremo riattivare la solida cooperazione tra sviluppatori, donatori e autorità sanitarie e inviare i vaccini candidati”.
La scoperta della malattia
Il virus Ebola è stato scoperto nel 1976 quando il virus, all’epoca senza nome, arrivò nelle mani di un giovane ricercatore appena 27enne, Peter Piot.
Peter e due giovani colleghi, che all’epoca lavoravano in un laboratorio dell’Istituto di Medicina Tropicale di Anversa in Belgio, furono i primi a maneggiare i campioni di sangue infetto, prelevati da una suora fiamminga contagiata dalla febbre emorragica mentre si trovava in missione nello stato africano dello Zaire.
Dalle analisi del sangue e delle colture cellulari delle cavie risultò che non si trattava di febbre gialla né di febbre di Lassa, ma bensì di un’altra febbre emorragica virale.
Si iniziò a pensare che si trattasse di una nuova, rara infezione, perciò i campioni vennero immediatamente spediti al Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie (CDC) ad Atlanta, ancora oggi punto di riferimento per la lotta al virus Ebola.
Ma prima di inviare i campioni a chi di competenza, Stefaan Pattyn decise di tenerne alcuni in laboratorio per proseguire le analisi, per non vedersi sottrarre l’onore della scoperta.
Durante le analisi i ricercatori videro il più lungo virus mai osservato, un microrganismo simile a un altro virus conosciuto, il Marburg, che aveva già ucciso diversi ricercatori tedeschi 9 anni prima, in un incidente in laboratorio. Presto arrivò la conferma che non si trattava di Marburg, ma di un nuovo virus letale.
Quell’anno, Ebola uccise 280 persone nell’ex Zaire, l’88% dei contagiati. L’infezione prese il nome proprio da quella prima, drammatica strage scoppiata nell’omonima valle.