Giudice Rosario Livatino Stidda. Sono passati più di 32 anni da quel 21 settembre del 1990, quando la criminalità organizzata uccise il giudice Rosario Livatino; il 3 ottobre successivo avrebbe compiuto 38 anni. Quel giorno, Rosario Livatino come tutte le mattine, stava raggiungendo Agrigento da Canicattì a bordo della sua vecchia Ford Fiesta color amaranto. Livatino non era protetto da alcun agente di scorta, così come aveva espressamente richiesto lo stesso magistrato antimafia, nonostante le delicate e pericolose inchieste a cui stava lavorando. A un certo punto, al chilometro 10 della strada statale 640, la Ford Fiesta del giudice venne speronata da un’auto a bordo della quale c’era il commando assassino della “Stidda”. Livatino capì subito che era in trappola e cercò di fuggire a piedi attraverso una scarpata, ma, i sicari lo raggiunsero uccidendolo senza pietà.

Giudice Rosario Livatino Stidda. I killer e le condanne

Oggi, nel luogo dell’esecuzione, c’è una stele che ricorda quel drammatico fatto di sangue. Una stele però quasi nascosta dalle erbacce e isolata rispetto al nuovo tracciato della statale Caltanissetta-Agrigento. L’imprenditore lombardo Pietro Ivano Nava, fu testimone dell’agguato e le sue dichiarazioni si rivelarono molto utili per individuare e arrestare i responsabili. Alla fine, le indagini portarono alla successiva condanna all’ergastolo come mandanti per: Antonio Gallea, Salvatore Perla e Giuseppe Montanti. Finirono in manette anche i killer: Paolo Amico, Domenico Pace, Gaetano Puzzangaro, Salvatore Calafato e Gianmarco Avarello (nella foto: la Ford Fiesta di Rosario Livatino crivellata di colpi).

Le reliquie del giudice Rosario Livatino

Gaetano Puzzangaro, “picciotto” della famiglia di Palma di Montechiaro (Agrigento), successivamente iniziò a collaborare con la giustizia, dando anche un contributo importante alla causa di beatificazione di Rosario Livatino. A tal proposito ricordiamo che saranno a Roma dal 14 al 21 gennaio le reliquie di questo martire della lotta alla mafia. Si tratta della prima solenne Peregrinatio Beati Rosarii Livatino – Fidei et Justitiae Martyris, un’iniziativa voluta dalla Venerabile Arciconfraternita di Santa Maria Odigitria dei Siciliani in Roma e organizzata dal Comitato Peregrinatio Beati Rosarii Livatino, presieduto dal Primicerio dell’Arciconfraternita, per rendere omaggio a questa esemplare e contemporanea testimonianza di figura unificante. Tra le tappe previste: quella all’Università Niccolò Cusano in programma il 18 gennaio. Nella cappella dell’Ateneo romano, verrà celebrata una messa e saranno esposte le sacre reliquie del giudice Livatino.

Cos’è la “Stidda”, l’organizzazione mafiosa che uccise Livatino

“Stidda” nel dialetto siciliano sta per “stella”. E’ la denominazione assunta dall’organizzazione mafiosa attiva nelle zone di Agrigento, Caltanissetta e Ragusa e che il 21 settembre 1990 uccise il giudice Livatino. Derivata dalla mafia, ma per lo più in contrasto o in netta opposizione con questa, la “Stidda” ha una rete che si estende anche in altre parti della Sicilia e fuori dalla stessa isola. I suoi affiliati, detti “stiddari”, usano farsi tatuare cinque puntini disposti in figura di stella tra l’indice e il pollice della mano destra.

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