Stipendi Pa, gli aumenti coprono solo la metà dell’inflazione, mentre va meglio nel settore privato dove le retribuzioni crescono di quasi il doppio rispetto a quelle del pubblico impiego e rimangono quasi sullo stesso livello dell’aumento dei prezzi. È la fotografia che emerge dalle anticipazioni sul rapporto che verrà presentato nella giornata di oggi, 11 gennaio, all’Aran, l’Agenzia che porta avanti la contrattazione per il governo dei dipendenti della Pubblica amministrazione. Il periodo considerato è l’ultimo decennio, dal 2013 al 2022, anno – quest’ultimo – che ha registrato il rinnovo dei contratti statali per il personale non dirigenziale di ministeri, enti pubblici, sanità e scuola. Nel decennio considerato, gli stipendi dei dipendenti della Pubblica amministrazione sono cresciuti mediamente e cumulativamente del 6,1%, la metà rispetto alla crescita dell’inflazione che si è attestata nel periodo al 13,8%. Le retribuzioni dei lavoratori del settore privato sono quasi al passo del dato della crescita dei prezzi, con aumenti dell’11,6%, ma il settore trainante dei servizi mostra delle difficoltà a rimanere su queste percentuali.
Stipendi Pa aumenti inflazione: quanto è maggiore l’aumento dei prezzi rispetto alle retribuzioni di scuola e settore pubblico?
I dati sugli stipendi dei lavoratori della Pubblica amministrazione e del settore privato arrivano dalle elaborazioni dell’Aran sulle informazioni Istat comunicate il 28 ottobre 2022. Nel periodo dal 2013 al 2022 gli stipendi del pubblico impiego sono cresciuti cumulativamente del 6,1%, soprattutto in virtù degli ultimi due rinnovi contrattuali. Infatti, dal 2013 al 2016 la crescita delle retribuzioni è stata pari a zero, con incrementi che sono arrivati solo successivamente e rispettivamente dello 0,1% e del 2,7% nel 2017 e 2018, anno quest’ultimo in cui è stato rinnovato il contratto del triennio 2016-2018; e dell’1,9%, dello 0,2%, dello 0% e dell’1% rispettivamente per gli anni che vanno dal 2019 al 2022. In quest’ultimo anno c’è stato il rinnovo dei contratti dei comparti della Pubblica amministrazione, ma solo per i ministeri e la Pa centrale gli aumenti di stipendio sono arrivati a maggio, slittando per gli altri a fine anno. Rispetto alla crescita dei prezzi che si è registrata nell’intero decennio (13,8%), gli statali hanno perso più della metà del potere di acquisto con gli aumenti delle retribuzioni. È andata meglio per i dirigenti del settore pubblico (+9,9% di crescita delle retribuzioni), ai dirigenti contrattualizzati (+11,1%) e agli altri dirigenti dei comparti pubblici (+7,1%).
Settore privato, la crescita degli stipendi quasi in linea con l’inflazione
Numeri più alti si registrano nella crescita degli stipendi dei lavoratori del settore privato che arrivano quasi a coprire, nell’arco dell’ultimo decennio, l’aumento generalizzato dei prezzi dello stesso periodo. Mediamente, il comparto privato non dirigenziale ha visto crescere gli stipendi dell’11,6%, ma i maggiori aumenti si sono avuti nei primi tre anni del periodo (1,9%, 1,6% e 1,6% rispettivamente negli anni 2013, 2014 e 2015), con una crescita più contenuta e al di sotto dell’1% all’anno nel restante periodo (tranne nel 2018, +1,1% e 2022 +1,0%). Nello specifico dei comparti privati, l’industria è il settore che vede crescere più rapidamente gli stipendi degli addetti (+ 13,2% nel decennio, con tassi di crescita che superano il 2% nel 2014 e 2015 per poi scendere allo 0,5% nel 2016 e 2017 e risalire intorno all’1% nei restanti anni). Non mantengono questo passo i lavoratori impiegati nel settore dei servizi privati: a fronte di una crescita delle retribuzioni del 2% registratasi nel 2013, i restanti anni sono stati all’insegna di incrementi al di sotto dell’1%, con l’eccezione del 2018 (+1,3%). Per quanto riguarda l’inflazione certificata dall’Istat nel decennio, considerando i due anni in cui si è avuta una decrescita dei prezzi (2016 con il -0,1% e 2020 con -0,2%), gli altri anni hanno visto crescite dell’1,2% (nel 2013, 2017 e 2018), per poi accelerare nel 2021 (+1,9%) e nel 2022 (+7,1%), dato quest’ultimo da rivedere al rialzo per il periodo successivo a ottobre scorso.