La crescita dell’inflazione porta anche al conseguente aumento degli stipendi di colf e badanti. Scade oggi, martedì 10 gennaio, il termine per versare i contributi previdenziali per i lavoratori domestici relativi al quarto e ultimo trimestre 2022 (ottobre-dicembre). Alla quota dei contributi è obbligatorio aggiungere l’importo previsto per la Cassa Colf che è pari a 0,06 € orarie. Intanto si delinea una stangata per le famiglie, già alle prese con il caro bollette. Il contratto collettivo che regola i rapporti di colf, badanti e baby sitter con le famiglie presso le quali lavorano prevede infatti un adeguamento annuale dei livelli minimi delle retribuzioni in base all’inflazione, rilevata dall’Istat al 30 novembre di ogni anno. A novembre 2022 era all’11,8 percento, in pratica l’aumento potrebbe raggiungere il 9,44 percento.
Aumento degli stipendi per colf e badanti. Da quando e a quanto ammonta l’importo. Tutto quello che c’è da sapere
Scatta l’aumento stipendiale per i lavoratori del settore domestico in base all’adeguamento dei prezzi all’inflazione calcolata lo scorso novembre. Un aumento, si è detto, che potrebbe raggiungere il 9,44 percento. Se inoltre la famiglia deve occuparsi di una persona non autosufficiente la spesa può arrivare (comprese le sostituzioni per le ferie e i riposi della badante principale) fino a 30mila euro annui e l’aggravio sfiorare i 3mila. Il tutto, ha sottolineato Fidaldo, la Federazione italiana del lavoro domestico, potrebbe spingere molte persone a ridurre le ore o a rifugiarsi nel sommerso. Il 16 gennaio si riunirà per la terza volta, la Commissione nazionale per l’aggiornamento retributivo relativo alle figure contemplate nel Ccnl domestico. E sarà l’ultima occasione per scongiurare l’aumento. Secondo quanto previsto all’articolo 38 del Ccnl, in caso di mancato accordo o di assenza delle parti, dopo la terza convocazione il Ministero del Lavoro è delegato dalle organizzazioni e associazioni stipulanti a determinare la variazione periodica della retribuzione minima in misura pari all’80 percento della variazione del costo della vita per le famiglie di impiegati ed operai rilevate dall’Istat per quanto concerne le retribuzioni minime contrattuali e in misura pari al 100% percento per i valori convenzionali del vitto e dell’alloggio. In questo caso, quindi, l’aumento rispetto ai minimi del 2022 sarebbe pari al 9,2 percento, mentre per i valori di vitto ed alloggio sarebbe dell’11,5 percento. Per una badante a tempo pieno, dunque, l’aumento sarebbe di circa 125 euro al mese che considerando anche tredicesima, ferie e Tfr porterebbe a un incremento annuo che sfiora i 2mila euro. Non solo: se manca l’accordo, l’adeguamento avviene automaticamente nella misura del 100 percento dell’inflazione per i valori convenzionali del vitto e dell’alloggio dei lavoratori. Le famiglie che versano già ai propri collaboratori una paga oraria più elevata rispetto ai minimi del Ccnl, non subiranno invece un impatto dagli eventuali aumenti dei minimi. Questi aumenti saranno compensati solo in parte dagli adeguamenti delle pensioni che recupereranno il 7,3 percento solo nel caso di assegni fino a quattro volte il minimo (gli altri hanno incrementi più bassi fino ad appena il 2,55 percento per quelli oltre dieci volte) e dal rinnovo dei contratti collettivi scaduti di altri comparti, ove venissero rinnovati nel corso del 2023. Non aumenteranno solo gli stipendi ma anche i contributi previdenziali mensili dell’8,4 percento, passando da 107,90 a 117 euro, per un costo totale annuo che da 14.236 diventa di 15.544 euro. Per ridurre l’impatto sulle famiglie le associazioni datoriali chiedono di scaglionare nel tempo gli incrementi. Gli aumenti riguarderanno colf, badanti e babysitter che hanno un contratto da dipendente inquadrato nel Ccnl di settore. Gli aumenti non riguardano invece i lavoratori domestici impiegati occasionalmente tramite il Libretto Famiglia.