Iran post Khamenei autorizzati da Meta su Facebook. A decidere che lo slogan “morte a Khamenei” non sarà oscurato sui social, come sta accadendo in queste ore con i post dei bolsonaristi che stanno assalendo il Parlamento brasiliano, è stato l’Oversight Bord della holding proprietaria di Facebook, Instagram e Whatsapp, cioè l’organismo che si occupa di prendere le decisioni relative alla moderazione dei contenuti sulle piattaforme sotto il controllo di Zuckerberg. Secondo lui, i contenuti contro il leader iraniano non violerebbero le norme in vigore. Proseguono intanto, in Iran, le proteste e l’ayatollah ha annunciato nelle scorse ore di voler continuare ad usare il pugno di ferro contro i dissidenti.

Iran post Khamenei: autorizzati quelli con lo slogan “a morte”

A riportare la notizia della decisione presa da Meta sui post Facebook contenenti lo slogan “morte a Khamenei” è stato il sito online dell’agenzia Reuters, che ha fatto sapere che secondo l’Oversight Board di Meta, l’organismo con cui l’azienda controlla i contenuti delle piattaforme di proprietà di Zuckerberg, le pubblicazioni contro il leader iraniano non violerebbero una regola che vieta le minacce violente e i contenuti d’odio. Lo slogan, che è tra i più usati durante le proteste scoppiate in Iran dopo la morte di Masha Amini, la giovane uccisa dalla polizia morale per non aver indossato correttamente il velo, sarebbe infatti usato col significato di “abbasso Khameini”.

La norma in questione, introdotta due anni fa insieme a una serie di misure pensate per arginare la violenza sui social, pochi giorni dopo l’assalto a Capitol Hill da parte dei sostenitori trumpiani, come sta accadendo in queste ore in Brasile, dove i bolsonaristi hanno preso di mira il Parlamento, è stata applicata in maniera trasversale in tutti i Paesi dove Meta lavora. L’11 marzo scorso c’era però stata la prima eccezione, arrivata con la decisione di non oscurare i post in cui gli utenti si auguravano la morte di Putin, qualche settimana dopo l’invasione dell’Ucraina da parte delle truppe russe. Ora la stessa decisione è stata presa per l’Iran, dove da mesi i cittadini sono in rivolta contro la Guida Suprema.

Per l’Oversight Board, lo slogan contro Khameini sarebbe da intendersi, più che come un’istigazione a uccidere il leader, come una frase di protesta contro l’autorità del Paese, macchiatasi di una violenta repressione a livello nazionale. “Nel contesto del post e della più ampia situazione sociale, politica e linguistica in Iran, ‘margh bar Khameini’ dovrebbe essere inteso come ‘abbasso’. È uno slogan retorico, politico, non una minaccia credibile” ha spiegato l’organismo di controllo dei contenuti, che opera in modo indipendente rispetto a Meta, in una nota inviata all’azienda. Ma il Board ha anche chiesto ai vertici di delineare in modo più chiaro quando le minacce retoriche contro i capi di Stato possano essere o meno consentite.

Prosegue intanto, in Iran, la linea dura sulla repressione delle proteste, con Khameini che ha annunciato, qualche ora fa, di voler continuare ad usare il pugno di ferro nei confronti dei dissidenti. Dall’inizio delle manifestazioni antigovernative, lo scorso settembre, 519 persone sono morte e 19mila sono state arrestate. Tra le vittime, secondo Hrana, agenzia degli attivisti dei diritti umani iraniani, ci sarebbero 70 minori e 68 membri delle forze di sicurezza. Nella giornata di ieri, secondo quanto riportato dai media locali, altre tre persone sarebbero state condannate a morte per aver preso parte alle proteste, per “inamicizia contro Dio” e “per aver minato la sicurezza del Paese”, utilizzando armi. Il noto calciatore iraniano Amir Nasr Azadani sarebbe stato invece condannato a cinque anni di carcere per “collusione in crimini contro la sicurezza” e a 16 anni per “guerra contro Dio”.