Pensioni, a dicembre 2022 l’inflazione osservata dall’Istat è stata pari all’8,1% ma gli aumenti pagati nel cedolino di gennaio 2023 corrispondevano al 7,3% del dato provvisorio di incremento dei prezzi: cosa succede ora? La crescita effettiva dei prezzi, alla quale sono state aumentate le pensioni a partire da gennaio 2023, è più alta delle stime della rivalutazione che, per l’anno scorso, si era fermata al 7,3% rilevato dall’Istat e adottato come indice per decreto. In base al dato di novembre, dunque, le pensioni sono state aumentate con il meccanismo di rivalutazione che ha riconosciuto il 100% dell’inflazione agli assegni fino a 2.101,52 euro (il cui pagamento pieno è già avvenuto lo scorso 3 gennaio) e percentuali via via più basse di adeguamento al crescere dell’importo del mensile previdenziale. Tuttavia, a dicembre scorso l’Istat ha rivisto in aumento la percentuale di inflazione fino all’8,1%, stima che adesso apre una forbice tra quanto è stato pagato (e deve essere pagato per chi dovrà ricevere ancora gli aumenti) e quanto invece andava riconosciuto. Per fare un esempio, una pensione di 1.500 euro lordi, tra aumenti del 7,3% e mancato riconoscimento dell’8,1%, ha perso lo 0,8% – pari a 12 euro – nel cedolino. Nell’arco delle mensilità annuali, i mancati incrementi diventano 150 euro. Cosa succederà adesso con il calcolo corretto dall’Istat sull’inflazione?
Pensioni aumenti cedolino gennaio 2023 più bassi inflazione finale, tra un anno la differenza
Sulla differenza di rivalutazione delle pensioni, le norme previdenziali (e il meccanismo di indicizzazione) prevedono che la differenza venga versata a conguaglio successivamente. In altre parole, la differenza di importo tra il dato provvisorio stimato dall’Istat a novembre 2022 (del 7,3%) e il dato definitivo (dell’8,1%) dovrà essere versata nel cedolino di pensione a distanza di un anno, ovvero con i pagamenti del mese di gennaio 2024. Lo stesso meccanismo si è avuto negli anni precedenti: ad esempio, l’indice di rialzo dei prezzi del 2021 in via provvisoria era stato dell’1,7%, poi rettificato dal dato definitivo dell’1,9%. L’Inps avrebbe dovuto pagare la differenza dello 0,2% con il cedolino di pensione di gennaio 2023, ma il versamento è avvenuto in via del tutto straordinaria a ottobre 2022. Differenze di aumenti e di adeguamenti che non sono elevate, ma sulle quali il governo guidato da Giorgia Meloni dovrà porre le proprie attenzioni. Soprattutto per l’inflazione che si registrerà durante il 2023, la cui stima della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza dello scorso autunno fissava la percentuale al 5,4%. L’obiettivo governativo è quello di non andare oltre questo dato. Per l’inflazione del 2022, invece, il governo dovrà provvedere tra un anno – a meno che non decida di anticipare la differenza di aumento per decreto – a pagare il contenzioso creatosi e l’adeguamento dell’importo al tasso di inflazione definitivo. Il dato finale sull’inflazione del 2022 dovrebbe essere comunicato nell’arco dei prossimi dieci giorni.
Pagamento assegno febbraio 2023, saranno versati gli incrementi?
Riguardo alla situazione attuale degli aumenti delle pensioni, il 3 gennaio scorso sono state pagate con la maggiorazione dell’inflazione gli assegni fino a 2.100 euro lordi mensili. L’adeguamento è avvenuto al 100% del tasso di inflazione del 7,3% del 2022, cosa che non avverrà per le pensioni di importo più elevato. Oltre la soglia di importo di quattro volte il trattamento minimo dell’Inps, infatti, l’Inps riconosce una percentuale in decrescita rispetto al 7,3%. Pertanto, probabilmente con il pagamento delle pensioni di febbraio 2023, gli assegni più elevati verranno adeguati secondo il meccanismo di indicizzazione che prevede aumenti decrescenti al crescere del mensile, fino ad arrivare al 32% del 7,3% di aumento per le pensioni oltre i 5.250 euro lordi. Per tutti, poi, bisognerà rivedere gli aumenti in base al tasso finale di inflazione del 2022 osservato dall’Istat: seguendo il meccanismo di indicizzazione, le pensioni fino a quattro volte il trattamento minimo Inps avranno la differenza piena tra l’8,1% e il 7,3%; quelle di importo superiore otterranno rimborsi adattati alla rispettiva percentuale di perequazione applicata alla differenza dei due tassi, provvisorio e definitivo.