Proseguono senza sosta le indagini degli inquirenti sul caso di omicidio-suicidio che ha sconvolto Genova. Lei voleva lasciarlo: questa sarebbe, stando a quanto emerso finora, la motivazione che avrebbe portato Andrea Incorvaia, guardia giurata di professione, ad uccidere la fidanzata 23enne prima di spararsi con la sua pistola d’ordinanza. Sembra che l’uomo, un 32enne, fosse in cura per depressione. L’azienda per cui lavorava avrebbe dovuto fermarlo, togliendogli l’arma, ma dalle visiti annuali non era mai emerso niente.
Omicidio suicidio Genova: i segnali prima del delitto
È successo in un’abitazione di via Anfossi, nel quartiere Pontedecimo del capoluogo ligure, nella notte tra martedì e mercoledì scorsi: Andrea Incorvaia, guardia giurata di 32 anni, ha sparato alla sua fidanzata, Giulia Donato e poi si è tolto la vita. I corpi dei due ragazzi erano stati ritrovati dalla sorella di lui, Valentina, che, preoccupata di non avere notizie del fratello dalla sera prima, si era recata a casa loro e lì, nella stanza da letto, dopo essere entrata con le chiavi di un’amica, aveva fatto l’amara scoperta. Giulia giaceva nel letto, dove probabilmente era stata uccisa nel sonno; accanto a lei c’era il cadavere di Andrea, con l’arma del delitto, la sua pistola di servizio, ancora in pugno.
“Mio fratello stava passando un periodo difficile, era sconvolto”, ha raccontato Valentina agli inquirenti. “Quel giorno ho provato prima a chiamare lui perché dovevamo fare delle commissioni. Poi, visto che non rispondeva alle mie continue telefonate, ho provato al cellulare di Giulia. Quando anche da lei il telefono squillava a vuoto, ho capito che era successo qualcosa di grave e mi sono precipitata in via Anfossi”, ha aggiunto. Sembra che Andrea avesse intrapreso da qualche tempo un percorso di psicoterapia, ma senza informare i suoi datori di lavoro, titolari di un’agenzia di sicurezza privata, a quanto pare ignari dei suoi problemi di depressione.
Se fosse stata al corrente delle sue condizioni, l’azienda avrebbe dovuto provvedere a toglierli la pistola. Ma sembra che, nel corso delle visite lavorative annuali, non fosse mai emerso nulla. Secondo gli investigatori della squadra mobile di Genova, guidati dal primo dirigente Stefano Signoretti e dal vice Iva Currà, il delitto non sarebbe stato premeditato. Tuttavia, da tempo erano molti i segnali preoccupanti. Sembra infatti che la coppia litigasse sempre più frequentemente, soprattutto a causa della morbosa gelosia di Andrea, che tendeva a controllare ossessivamente Giulia: un atteggiamento che lei non sopportava e del quale aveva parlato con amici e parenti.
A confermare i comportamenti del killer, anche numerose chat ritrovate sul suo telefonino, tra cui quella, inquietante, risalente a poco prima dell’omicidio: “Se mi lasci mi uccido”. Giulia, che un anno prima aveva perso la figlia Azzurra, morta un mese dopo essere nata prematura, era esausta, ma lui continuava a starle addosso. “Avevamo capito che era una storia al capolinea – hanno raccontato i parenti della vittima -, ma non avevamo percepito che fosse in pericolo, altrimenti ci saremmo attivati”. I due si erano conosciuti su Internet e avevano iniziato a frequentarsi in primavera. Poi, la loro relazione era entrata in crisi, fino al tragico epilogo: Giulia era al letto con l’influenza, quando Andrea le avrebbe sparato.