Il satellite scientifico della Nasa Erbs (Earth Radiation Budget Satellite), in orbita da quasi 40 anni e non più operativo, è in caduta incontrollata verso la Terra. Il suo ingresso nell’atmosfera è previsto nella notte fra l’8 e il 9 gennaio e secondo le previsioni della Nasa, il veicolo spaziale, del peso di quasi due tonnellate e mezzo, dovrebbe essere quasi completamente distrutto nell’impatto con l’atmosfera, ma alcuni frammenti potrebbero comunque arrivare a terra. Per l’agenzia spaziale americana “il rischio che qualcuno venga colpito è calcolato in 1 su 9.400”.

Il satellite Nasa in caduta verso la Terra. La vicenda

Secondo i calcoli più recenti disponibili, del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, l’ingresso nell’atmosfera è atteso alle 00:40 italiane del 9 gennaio, con un margine di 17 ore in più o meno. La storia di Erbs comincia il 5 ottobre 1984, quando lascia la Terra attraverso lo Space Shuttle Challenger. Faceva parte della missione Earth Radiation Budget Experiment (ERBE). Progettato per funzionare due anni, la sua vita operativa è stata molto più lunga. Il satellite è stato importante per studiare l’equilibrio tra energia solare assorbita o irradiata, che assieme ad altri parametri ci aiuta a monitorare la salute del clima e costruire modelli meteorologici. I suoi strumenti, infatti, hanno raccolto dati su atmosfera e clima, misurando i livelli di ozono, vapore acqueo e aerosol. Erbs ha smesso di funzionare nel 2005, diventando uno degli ormai numerosissimi detriti spaziali nell’orbita terrestre. Proprio grazie agli strumenti equipaggiati su Erbs è stato possibile confermare che lo strato di ozono stava diminuendo pericolosamente, portando all’accordo internazionale che diede origine al protocollo di Montreal. Ci fu così una drastica diminuzione dell’uso dei clorofluorocarburi: tra i massimi responsabili del famigerato “buco nell’ozono”.

Il problema della “spazzatura spaziale”

Il satellite della Nasa è l’ultimo di una lunga serie di oggetti in caduta incontrollata dallo spazio. Ce ne sono stati altri, anche di maggiore entità. Pensiamo ad esempio ai due nuclei dei razzi cinesi Lunga Marcia 5B da 21 tonnellate, che caddero pressoché incontrollati nel 2022, dopo aver assolto il loro compito: portare in orbita diversi moduli della Stazione spaziale cinese Tiangong. Tutt’oggi l’orbita terrestre è popolata da oggetti artificiali che costituiscono la cosiddetta spazzatura spaziale. Sono tanti, infatti, i frammenti di grandi dimensioni e i satelliti in disuso che ruotano attorno alla bassa orbita terrestre, minacciando di far danni, nonostante l’impatto con l’atmosfera riesca a distruggerne un gran numero. Parliamo dei resti di varie missioni abbandonati in orbita dagli anni Cinquanta a oggi. Nel 2014 sono stati stimati 20 mila frammenti nell’orbita bassa. Il governo degli Stati Uniti ha aggiornato l’ultima volta nel 2019 le sue pratiche standard per la «mitigazione dei detriti orbitali», stabilendo che questi vengano «deorbitati» non oltre i 25 anni dalla fine della loro missione. Anche se le probabilità che “ci caschino in testa” sono remote, c’è stato un lungo dibattito sull’opportunità di ridurre i limiti di smaltimento post-missione a 5 anni.