Inflazione Italia: secondo i dati Istat elaborati dall’Unione Nazionale Consumatori, pane e pasta, insieme ai cereali, si sono collocati al primo posto della classifica dei rincari nel settore degli alimentari e delle bevande analcoliche nel 2022. Al secondo posto i vegetali, al terzo le carni. I risultati, presi nel loro insieme, non rappresentano certamente una buona notizia per le famiglie italiane.

Inflazione Italia: cosa dicono i dati provvisori del 2022

È ancora tempo di rincari in Italia per quanto riguarda i beni di prima necessità. A metterlo in luce, gli ultimi dati Istat per calcolare l’inflazione media provvisoria del 2022, elaborati dall’Unione Nazionale Consumatori. Se in media ogni nucelo familiare ha speso 513 euro in più rispetto al 2021, guardando alle classi di spesa è la voce “pane e cereali”, che include anche pasta, farina e riso, ad aggiudicarsi il primo posto della classifica dei rincari, con una spesa aggiuntiva di 100 euro rispetto al 2021, a fronte di un’inflazione media del 10,9%. In particolare sono il pane (fresco e confezionato) e la pasta (fresca e secca) – inclusi i preparati di pasta – ad avere un impatto sulle tasche degli italiani, con +29 e +24 euro.

Seguono, al secondo posto, i vegetali che, con l’inflazione maggiore della top ten (+11,8%), costano mediamente 92 euro in più a famiglia. Al terzo posto le carni, con un aumento del 7,2% (circa 87 euro). Nel dettaglio è il pollame a segnare il balzo più alto all’interno della categoria (+13,4%) e un aggravio pari a 31 euro. Appena più giù nel podio, invece, latte, formaggi e uova (+9,5%, pari a 69 euro), seguiti da pesci e prodotti ittici (+77%, 40 euro) e frutta (+71%, 36 euro). Più staccati oli e grassi (+18%, 31 euro), con l’olio diverso da quello di oliva che spicca con un +51,6% rispetto al 2021, pari a 13 euro. Al nono posto acque minerali e bevande analcoliche (+8,7%, +23 euro) e zucchero, confetture e miele (+7,3%, +16 euro). Chiudono la classifica gli altri prodotti alimentari, come salse, piatti pronti, alimenti per bimbi, integratori alimentari e caffé, tè e cacao, entrambi con un incremento di spesa pari a 9 euro rispetto al 2021 e un’inflazione, rispettivamente, del 6,5 e del 5,2 per cento.

Guardando all’inflazione, svetta in classifica, come detto, l’olio diverso da quello d’oliva (51,6%), seguito dal burro (+28,2%) e dallo zucchero, +19%. Ci sono poi la farina (+18,5%), il riso (+17,9%), la margarina (+17,8%), la pasta – fresca, secca e preparati di pasta – (+17,3%), il latte conservato (+16,5%), i vegetali freschi (+14,3%). Chiude la top ten il pollame (+13,4%). 

La top ten dei rincari dei prodotti non alimentari

Per quanto riguarda i prodotti non alimentari, svetta nella classifica per l’inflazione l’energia elettrica, con un “astronomico” +110,4%. Seguono i voli internazionali (+85,9%) e il gas naturali e di città (+73,7%). Al quarto posto il gasolio per riscaldamento (+38,4%), seguito da Gpl e metano (+33,3%) e al sesto gasolio per mezzi di trasporto (+22,1%). Al settimo posto ci sono, invece, supporti con registrazioni di suoni, immagini e video (+20,5%); seguono, poi, i voli nazionali (20%) e gli apparecchi per la telefonia fissa (16,7%) e, al decimo posto, macchine fotografiche e videocamere. Situazione difficile anche per i carburanti, in particolare il gasolio. “La corsa di benzina e gasolio rischia di innescare rincari a cascata con effetti sui prezzi al dettaglio stimati tra un +0,3% e un +0,6% – spiega il presidente di Consumerismo No Profit, Luigi Gabriele -. Carburanti più cari vuol dire infatti maggiori costi di trasporto per l’85% della merce venduta nei nostri negozi, ma anche rincari per le tariffe di numerosi servizi. Il rischio concreto quindi è quello di gettare benzina sul fuoco dell’inflazione, già oggi a livelli elevatissimi”. La speranza è che il Governo Meloni preveda nuovi sgravi sulle accise.