Zucchero condannato per diffamazione. Lo aspetta un grande risarcimento a causa dei danni morali ad un ex amico citato nella sua autobiografia. La star del blues deve pagare 37mila euro per aver definito l’uomo in questione “donnaiolo”, “nullafacente” e “un poco di buono”. La sentenza è ormai ufficiale.

Zucchero condannato per diffamazione

Zucchero condannato per diffamazione: la sentenza

Zucchero condannato per diffamazione. Come attestato sul Corriere Fiorentino, per Zucchero saranno guai. Dovrà pagare un salato risarcimento dopo l’accusa di diffamazione per affermazioni che il giudice Domenico Provenzano ha dichiarato essere “lesive della reputazione” e che conseguentemente all’uscita della biografia dell’artista hanno “compromesso le relazioni sociali e familiari della parte offesa, i cui rapporti con la coniuge si sono significativamente deteriorati”.

Una vera e proprio situazione critica, quella dell’ex amico di Zucchero, che si è visto rovinato, sbeffeggiato e costretto ad intervenire per poter trarre il minimo beneficio dalla situazione con un dovuto risarcimento danni. E a quanto ammonta la cifra che l’artista deve per l’offesa? 37mila euro.

Zucchero si difende, cerca di spiegare quanto in realtà certe caratteristiche indicizzate come diffamatorie o offensive, fossero in verità soltanto un espediente narrativo funzionale per la trama del libro. Non c’è stato tuttavia verso di cambiare le sorti del suo destino o le decisioni del giudice. Il tribunale civile di Massa lo condanna come colpevole.

Il giudice evidenzia a più riprese il chiaro intento diffamatorio dell’artista e ai danni dell’ex amico. Afferma che quelle utilizzate all’interno della biografia siano soltanto:

“espressioni offensive che diversamente da quanto sostenuto dal cantante non sono coerenti” con il resto della trama e è evincibile che abbiano “l’unico effetto di recare discredito” all’ex amico.

Zucchero condannato: il libro incriminato

La biografia di Zucchero è stato uno dei regali di natale di otto anni fa all’ex amico citato nella biografia.

Era stata sua figlia a donarglielo, dato che conosceva i trascorsi tra i due. Probabilmente l’uomo non si aspettava che l’artista potesse riservargli una sorpresa tanto amara. A macchia d’olio le offese si sono diffuse e hanno creato all’ex amico di Zucchero tanti disagi e situazioni ostili, difficili da affrontare sia nel pubblico, sia nel privato.

Ma qual è il libro che contiene così tante espressioni denigratorie?

Stiamo parlando del volume intitolato Il suono della domenica. Il romanzo della mia vita (Edito da Mondadori, 2011).

Niente di diverso da un comune libro autobiografico che ripercorre le tappe e le fasi più importanti della vita di una star musicale.

La casa Editrice presenta così la biografia di  Adelmo Fornaciari (vero nome di Zucchero):

“Figlio di un “voltaformaggio” e di una casalinga, il piccolo Adelmo Fornaciari cresce tra i campi, vicino a Reggio Emilia.

Da lì partirà per inseguire le sue radici, cantando e suonando in tutto il mondo. Zucchero racconta la sua vita alternando il ritmo arcaico della campagna a quello martellante del blues. Un’epopea di terra, di carne, di sesso. Una vita autentica e sfrenata accompagnata da un sound dionisiaco, a volte diabolico, che si distende nel suono dolce della domenica.”

Eppure non è solo questo. Pare proprio che tra le pagine spicchino aggettivi e descrizioni che hanno più che indispettito la parte lesa, provocando danni morali che non sono stati affatto sottovalutati dal giudice.

Le dichiarazioni in tribunale

Commenta la vicenda spiacevole l’avvocato Alessandro Fontana:

“A distanza di otto anni, il tribunale ha stabilito che alcune espressioni erano riferite in maniera inequivocabile a lui, ledendone la reputazione”. Ingiurie, offese, innegabili situazioni di disagio ai danni dell’uomo che otterrà risarcimento. A definirlo, è il giudice Provenzano che parla delle affermazioni di Zucchero definendole:

“obiettivamente denigratorie (inducendo nel lettore un giudizio di naturale riprovevolezza circa condotte di tal genere) a prescindere dal tono ironico e dal linguaggio colloquiale con il quale vengono riportate vicende narrate nel testo; tono – continua il giudice – che di per sé non vale a rendere inveritieri e o non credibili i fatti ed i giudizi descritti ed espressi”.