Sul tema del presidenzialismo, il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha fissato una stella polare, nelle quasi tre ore di conferenza stampa di fine anno:

“Non escludo un’iniziativa del governo” sul presidenzialismo” ma se “ci fossero disponibilità a livello parlamentare, non avrei preclusioni”, il tema è “che non sarò così sprovveduta dal non capire atteggiamenti dilatori. Da gennaio incontreremo le opposizioni. Confermo che il presidenzialismo è una delle mie priorità ed è un obiettivo a cui tengo particolarmente. Credo che possa fare bene all’Italia una riforma che consenta di avere stabilità e governi frutto dell’indicazione popolare”. Il semipresidenzialismo alla francese “non è il mio sistema preferito” ma “quello sul quale c’è maggiore convergenza. Sono disposta a parlare di tutto ma la riforma la voglio fare”.

Ogni promessa, è debito. Così, come preannunciato dal premier, il governo accelera sul presidenzialismo. A confermarlo è il Ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa Maria Elisabetta Alberti Casellati, che illustra i prossimi passi e scandisce il timing della riforma:

“Entro la fine del mese di gennaio” terminerà “l’attività di ascolto” delle forze politiche, opposizione compresa. E “prima dell’estate, la proposta del governo dovrebbe essere certamente pronta”.

Allarme nelle opposizioni: Meloni vuole fare da sola?

Tanto è bastato per far risuonare l’allarme rosso nelle segreterie dell’opposizione. Tuttavia, a mettere in allerta le non è tanto la tempistica indicata dalla titolare delle Riforme, quanto piuttosto la conferma che l’esecutivo intende intestarsi l’iniziativa con una propria proposta. Giorgia Meloni quindi vuole fare tutto da sola senza escludere un ddl di iniziativa dell’esecutivo qualora le opposizioni dovessero puntare al pantano. Anche perché semipresidenzialismo e questione autonomie sono le priorità del suo governo, come la stessa Meloni aveva ribadito in Parlamento nel suo discorso di fiducia, lo scorso ottobre:

“Vogliamo partire dall’ipotesi di semipresidenzialismo sul modello francese, che in passato aveva ottenuto un ampio gradimento anche da parte del centrosinistra, ma rimaniamo aperti anche ad altre soluzioni” (…) “Vogliamo confrontarci su questo con tutte le forze politiche presenti in Parlamento, per giungere alla riforma migliore e più condivisa possibile” (…) “Ma sia chiaro che non rinunceremo a riformare l’Italia di fronte ad opposizioni pregiudiziali. In quel caso ci muoveremo secondo il mandato che ci è stato conferito su questo tema dagli italiani: dare all’Italia un sistema istituzionale nel quale chi vince governa per cinque anni e alla fine viene giudicato dagli elettori per quello che è riuscito a fare” (…) “Siamo fermamente convinti del fatto che l’Italia abbia bisogno di una riforma costituzionale in senso presidenziale, che garantisca stabilità e restituisca centralità alla sovranità popolare. Una riforma che consenta all’Italia di passare da una «democrazia interloquente» ad una «democrazia decidente»“.  

Il Presidenzialismo infiamma la polemica

A tentare di vestire i panni del pompiere stavolta è proprio l’ex presidente del Senato, che ha ribadito come, “trattandosi di una riforma costituzionale, l’obiettivo è quello di realizzarla tutti assieme con la maggior condivisione possibile”. Parole, però, che non sortiscono l’effetto sperato e che anzi, si trasformano in benzina sul fuoco. Dal Nazareno, dove ci si prepara a una opposizione netta, fanno infatti sapere come “fin qui è stato tutto improntato a improvvisazione e pressapochismo e l’idea che governo e maggioranza possano maneggiare un tema tanto delicato e incandescente come quello della riforma costituzionale fa tremare le vene ai polsi”. Per il dem Dario Parrini, vicepresidente della commissione Affari costituzionali del Senato, sarebbe opportuno dialogare senza aver già deciso la strada da percorrere per raggiungere la meta: “Se la volontà di dialogo è sincera, deve essere a tutto campo, nel metodo e nel merito. Un dialogo ad esito prestabilito, sarebbe un atto di arroganza”. Dal Terzo Polo Matteo Richetti si dice preoccupato “dall’omogeneità della proposta sulle riforme e di come questa possa essere calata all’interno della cornice costituzionale”. A difesa della Costituzione anche l’alleanza Verdi-Sinistra italiana con Filiberto Zaratti che promette: “Difenderemo ogni spazio democratico e contro la cultura dell’uomo solo al comando”.

Se il 2022 si è quindi chiuso fra tagliola e tensioni, il 2023 non si presenta da meno.