Mele indigeste. Apple, la più famosa azienda di tecnologia – probabilmente – al mondo, ha conquistato un nuovo record. E stavolta non è davvero un traguardo prestigioso.

Apple brucia mille miliardi

L’azienda di Cupertino brucia letteralmente soldi. E ha ridotto di un terzo la sua capitalizzazione in borsa. Già di per sé un messaggio allarmante. Se poi teniamo conto anche del valore concreto, la situazione è da mani nei capelli: mille miliardi di capitalizzazione sul mercato azionario bruciati in un anno. Esattamente un anno fa, il 3 gennaio 2022, Apple superava i 3.000 miliardi di capitalizzazione di Borsa. Nella prima seduta di contrattazioni a Wall Street del 2023, invece, la società di Cupertino è scesa sotto i 2.000 miliardi.   

Un 2022 difficile per tutte le big tech

Dopo un 2022 difficile, come per molte altre aziende anche del comparto hi tech, tra contrazione degli ordini e rallentamento nelle catene di produzione e distribuzione in Cina, oggi Apple paga le indiscrezioni sulla richiesta ai fornitori di ridurre il numero dei componenti per portatili, airpods ed orologi. Un possibile sintomo di un rallentamento delle vendite. Una dinamica a cui vanno aggiunti gli effetti negativi della nuova ondata di Covid in Cina, dove Apple produce la maggior parte degli iPhone. Per questo, lo scorso mese, si era ventilata anche la notizia che il colosso di Cupertino potesse spostare una parte della sua produzione in India.

In Cina le restrizioni rallentano le fabbriche

Il business di Apple in Cina è minacciato dal nuovo diffondersi di coronavirus nel Paese, con gli esperti delle catene di approvvigionamento che avvertono del rischio crescente di un’interruzione che potrebbe durare mesi della produzione di iPhone. Lo rileva il Financial Times nell’articolo di apertura del sito. Il gigante tecnologico statunitense ha dovuto affrontare più di un mese di caos nella megafabbrica del suo principale assemblatore Foxconn a Zhengzhou, nota come “iPhone City”, a seguito di un’epidemia di Covid-19 iniziata a ottobre. Foxconn ha spostato parte della produzione in altre fabbriche in Cina, mentre Apple ha collaborato con i fornitori di componenti per alleviare i tempi di attesa insolitamente lunghi – circa 23 giorni per i clienti che acquistano iPhone di fascia alta negli Stati Uniti, secondo una ricerca della banca svizzera Ubs. Mentre il governo cinese inverte la sua politica di zero-Covid, si profila ora un rischio più duraturo: la potenziale carenza di lavoratori presso gli impianti di componenti o le fabbriche di assemblaggio in tutto il Paese. Un quinto delle entrate di Apple proviene dalle vendite in Cina, mentre oltre il 90% degli iPhone viene assemblato lì. La rivale Samsung è uscita dalla Cina nel 2019 e ha diversificato l’assemblaggio in almeno quattro Paesi.