Scontro Crisanti-Zaia, il governatore regionale del Veneto torna a parlare della querelle scoppiata qualche giorno fa con il professore (oggi deputato Pd) a seguito dell’inchiesta legata a vecchie intercettazioni in epoca covid-19.
Lo fa sia tramite un’intervista al Corriere della Sera che da Cortina, alla presentazione del suo ultimo libro “I pessimisti non fanno fortuna”.
Occasione per inasprire il commento sull’ex docente dell’Università di Padova ma anche per lanciare qualche frecciata a Report, che per prima ha pubblicato il contenuto delle telefonate tra Zaia e i suoi collaboratori.
Scontro Crisanti-Zaia, la polemica a distanza non si spegne
Partendo proprio da quest’ultimo punto, il governatore leghista ha insinuato qualche dubbio sulla credibilità delle fonti sostenendo di parlare esclusivamente in dialetto con la sua cerchia di collaboratori. Nella trascrizione delle intercettazioni, invece, si fa riferimento a Zaia in un normalissimo italiano nei suoi epiteti rivolti indirettamente a Crisanti: un modo per porre il sospetto che i dialoghi non siano stati correttamente “tradotti”.
Poi attacca la trasmissione condotta da Sigfrido Ranucci, ricordando che “quelle telefonate non potevano essere pubblicate per legge“, ma in ogni caso “sono responsabile delle mie affermazioni e confermo quanto detto“. Il nocciolo della questione verte sulla possibile denuncia del parlamentare Dem in merito agli strascichi del dossier tamponi acquistati dalla Regione. In mezzo figurano altri soggetti: il senato accademico dell’Università di Padova e Azienda Zero, ente giuridico della sanità regionale.
Il leader di Palazzo Balbi non torna indietro nel suo giudizio su Crisanti, “che con le sue affermazioni pubbliche ha messo in difficoltà il gioco di squadra“. Amarezza e delusione sono invece i sentimenti che prevalgono quando Zaia scoprì che l’ex professore aveva condiviso la chat di WhatsApp in cui quest’ultimo rivendicava il suo ruolo centrale nella costruzione di una macchina della sanità perfetta in Regione contro il diffondersi della pandemia nella prima ondata.
In sintesi, il governatore veneto riconosce che “il tono può essere stato forte“, tuttavia Crisanti ha ingigantito la questione facendone una sfida personale e spettegolando il suo malcontento a favore della stampa. Infine, sulla scelta di privilegiare i tamponi rapidi rispetto a quelli molecolari, spiega che “non c’è mai stata la possibilità di fare test per tutti quanti, per cui abbiamo provveduto come potevamo, esattamente come poi hanno fatto anche le altre Regioni“.
La risposta di Crisanti
Nel pomeriggio è arrivata poi la nuova invettiva di Crisanti contro la gestione veneta dell’emergenza Covid. Stando alle parole del senatore Pd, sono stati fatti degli errori che l’hanno indotto a non lavorare più di squadra; ecco la sua analisi:
Sono state prese decisioni sbagliate nella consapevolezza che fossero sbagliate, perché l’Organizzazione mondiale della Sanità, le direttive della Comunità europea e lo stesso foglietto illustrativo dei test indicavano che i tamponi antigenici non erano adatti per lo screening ma solo per la diagnosi.
Poi il ricordo dettagliato di quei momenti:
Le decisioni che stavano prendendo erano sbagliate. Il Veneto durante la prima ondata si è distinto in maniera eccezionale rispetto non solo alle altre Regioni ma anche agli altri Paesi. In seguito, però, non ha fatto bene. Ha fatto molto male durante la seconda ondata. In Veneto ci sono stati 10mila morti e 1.600 morti in più rispetto alla media nazionale, di cui la maggior parte nelle Rsa. Non è andato tutto bene.