Partite Iva forfettarie, quando fa reddito il bollo in fattura da 2 euro? I forfettari sono richiamati a prestare attenzione alle ultime interpretazioni in materia e ad attenersi a quanto precisato dall’Agenzia delle entrate, posizione che sta trovando d’accordo nella pratica anche le aziende clienti di professionisti e lavoratori autonomi. Il bollo da 2 euro delle fattura, elettroniche o cartacee, fa reddito e deve essere considerato ricavo se rientra tra i compensi richiesti per la fornitura o la prestazione.
La situazione si verifica, nel dettaglio, quando la partita Iva chiede il rimborso del bollo applicato alla fattura: in questo caso, i 2 euro devono essere considerati come parte del ricavo del professionista e non come un’anticipazione. A trattare la questione è la risposta dell’Agenzia delle entrate numero 428 del 12 agosto scorso.
Le aziende clienti, di conseguenza, si stanno regolando chiedendo ai lavoratori autonomi di considerare i 2 euro del bollo come parte del compenso.
Partite Iva forfettarie, come considerare i 2 euro del bollo in fattura?
A descrivere la situazione che si è creata dopo la risposta dell’Agenzia delle entrata dell’agosto 2022 su come considerare il bollo sulle fatture emesse dalle partite Iva per forniture e prestazioni, è Italia Oggi. Secondo quanto risulta al quotidiano, infatti, da dicembre scorso le aziende di grandi dimensioni, recependo la risposta dell’Agenzia delle entrate, comunicano alle partite Iva dalle quali si riforniscono di considerare il bollo come parte del compenso.
Di conseguenza, le partite Iva devono adeguare le fatture emesse, cartacee o elettroniche che siano. Inoltre, l’obbligo di adeguare le fatture sarebbe esteso anche alle partite Iva a regime ordinario per le operazioni esenti, nonché ai lavoratori occasionali e a coloro che producano redditi di derivazione dell’uso economico delle opere dell’ingegno.
Qualora tutti questi soggetti, per una prestazione o fornitura, chiedano all’azienda cliente il rimborso del bollo, devono considerare i 2 euro come parte del reddito con relativo assoggettamento a ritenuta d’acconto. Per il pagamento del bollo del 2024, l’Agenzia delle entrate ha rilasciato nuove indicazioni.
La risposta dell’Agenzia delle entrate
L’Agenzia delle entrate ha fornito la risposta dello scorso agosto sulla base di un quesito posto da un operatore che chiedeva chiarimenti in merito all’assoggettabilità o meno a tassazione dell’imposta di bollo emessa nella fattura in regime di partita Iva forfettaria.
Nel dettaglio, l’istante riteneva che l’importo del bollo addebitato, attraverso apposito contrassegno sulle fatture o ricevute emesse, non debba essere ricompreso nella nozione di “ricavo o compenso” richiamata dall’articolo 1, comma 64 della legge numero 190 del 2014. Proprio in virtù di questo comma, “il reddito imponibile si determina applicando all’ammontare dei ricavi o dei compensi percepiti il coefficiente di redditività nella misura indicata nell’allegato numero 4 annesso alla legge 190 del 2014, diversificata a seconda del codice Ateco che contraddistingue l’attività esercitata.
Come precisato con la circolare numero 9/E del 2019 – si legge ancora nella risposta – le spese sostenute nello svolgimento dell’attività di impresa, arte o professione rilevano, dunque, in base alla percentuale di redditività attribuita, in via presuntiva, all’attività effettivamente esercitata”. In conclusione, fermo restando che l’obbligo di corrispondere la predetta imposta di bollo è in via principale a carico del prestatore d’opera, “quest’ultimo potrebbe chiedere al cliente il rimborso dell’imposta.
In tale ipotesi, il riaddebito al cliente dell’imposta di bollo, essendo il professionista il soggetto passivo, fa parte integrante del suo compenso, con la conseguenza che risulta assimilato ai ricavi di cui al citato comma 64 e concorre al calcolo volto alla determinazione forfetaria del reddito”.