Scuola 4.0: non c’è evoluzione senza investimenti, e con l’aumento di un cospicuo capitale economico cambia la resa didattica e il metodo di insegnamento. Il disegno di un nuovo modo di fare scuola dovrebbe realizzarsi in cinque anni. Investire non vuol dire soltanto comprare strumenti, ma formare coloro che dovranno utilizzarli. Ne abbiamo parlato con Paolo Ferri, docente di Pedagogia dell’Università Milano Bicocca, ad Open Day, su Radio Cusano Campus.
Scuola 4.0: “Potrebbe essere la transizione digitale definitiva”, ha affermato Paolo Ferri ad Open Day
Scuola 4.0: se ne parla da tempo, tant’è che “il piano varato nell’ambito del PNRR dal precedente ministro dell’istruzione, cioè Patrizio Bianchi per infrastrutturare la scuola con tecnologie (tablet, stampanti 3D, computer) e device digitali, ha l’obiettivo di promuovere una didattica che dia ai ragazzi la possibilità di lavorare in gruppo e raggiungere obiettivi di apprendimento maggiori. Cosa che adesso non accade, c’è una lavagna (L.I.M.) a disposizione degli insegnanti e poco altro – ha fatto notare Ferri – questa potrebbe essere la transizione digitale definitiva, cominciato già nel 2015 (anzi prima). Così finalmente ai ragazzi verrà concessa la possibilità di utilizzare il digitale quando ce n’è bisogno, e la cosa può essere più produttiva e interessante.”
Italia vs Francia e Germania
Siamo in Europa, e “siamo quartultimi rispetto agli altri Paesi”. La vicina Francia e Germania sono più avanti rispetto a noi! Con l’aumento della formazione del personale – docente migliorerebbe la formazione di insegnanti e studenti alle competenze digitali. “Il corpo docente italiano ha avuto già alcune tornate di formazione, col Piano Nazionale di Scuola Digitale, ha già una buona formazione di partenza, coi fondi del PNRR ci sono più di 10miliardi di euro, sulla formazione, dovremmo riuscire a ridurre quel gap di competenze tra allievi e insegnati che rende difficile l’uso delle tecnologie a distanza – ha sottolineato il professor Ferri – la formazione è obbligatoria per i giornalisti, i medici, gli avvocati, perché non dovrebbe essere così anche per gli insegnanti? Il nuovo ministro, a giudicare dalle nuove proibizioni, mette l’accento sulla pericolosità delle tecnologie: mi sembra troppo! Vengono addirittura comparati alla cocaina, quando possono essere usati per ricerche, didattica. I piani di Draghi prevedevano maggiorazioni, anche notevoli, al Sud rispetto al Nord, con l’idea di uniformare la realtà italiana, per portarle al pari delle altri Paesi. L’impianto della manovra di Draghi era attento alle zone depresse d’Italia: speriamo ciò venga mantenuto, ma la faccenda dell’autonomia differenziata delle regioni potrebbe incidere negativamente sui risultati sperati.”