Oggi la nuova camera dei rappresentanti degli Usa era chiamata a rinnovare la carica dello speaker, ruolo che apparteneva alla democratica Nancy Pelosi. Il cammino per il post Pelosi si prennunciava complicato ma nemmeno negli scenari più pessimistici il Partito Repubblicano avrebbe potuto immaginare quanto è poi avvenuto: Non era mai successo negli ultimi cento anni che lo speaker indicato dalla maggioranza non venisse eletto al primo turno. L’indicato risponde al nome di Kevin McCarthy: repubblicano che è stato il candidato ufficiale al ruolo indicato dal partito a novembre dopo la vittoria alle elezioni di Midterm. Ma la spaccatura interna al Gop, diviso ormai fra trumpisti e coloro che vogliono andare oltre Trump, s’è palesata in tutto e per tutto.
Usa, fallita nomina dello speaker: cos’è successo
Tecnicamente McCarthy poteva contare sui 222 voti del partito, quattro più dei 218 sufficienti a ottenere la maggioranza sui 434 (su 435) rappresentanti presenti in aula. Il quorum poteva abbassarsi se qualcuno avesse rinunciato a votare, ma non è accaduto. Già alla vigilia era chiaro che McCarthy non avrebbe ottenuto il via libera: le previsioni parlavano di quattordici ‘ribelli’. Alla conta sono stati di più. Al primo ballottaggio il candidato democratico Hukeem Jeffries ha ottenuto 212, tutti quelli Democratici, McCarthy si è fermato a 203, dieci sono andati a Andy Biggs, nove ad altri rappresentanti. Alla seconda votazione Jeffries ha confermato 212 voti, McCarthy 203, e i diciannove voti sono confluiti su Jordan. Alla terza, quella che avrebbe dovuto indicare segnali positivi per i Repubblicani, ha visto Jeffries ancora a 212, McCarthy scendere a 202 e Jordan salire a 20. Poiché nemmeno la terza è andata a buon fine è stata presentata e approvata una mozione che rinvia a domani la ripresa delle votazioni. Nel frattempo ci sarà spazio per le trattative tra i Repubblicani. È successo nonostante Kevin McCarthy, il grande sconfitto della serata, avesse sollecitato il partito tra una votazione e l’altra con le seguenti dichiarazioni riportate dall’AGI: “Resteremo qui fino a che non vinceremo”.
Testa a testa nel Gop
L’esito deludente delle midterm è stato solamente la punta dell’iceberg di una serie di problematiche interne al Partito Repubblicano. Problematiche scoperchiatesi oggi come un vado di Pandora. Qualcuno sospetta addirittura che il ruolo di speaker possa finire ai democratici con l’ausilio dei ribelli repubblicani. Ipotesi, nonostante tutto, remota. Vorrebbe dire esporre il partito ad una figuraccia clamorosa e storica. È per questo che dal Gop – riporta l’AGI – fanno sapere che “Alla fine i ribelli torneranno all’ovile, il mondo ci guarda”. Il Partito potrà anche superare questo impasse, e probabilmente lo farà, ma dovrà continuare a fare i conti con queste beghe interne. Con Trump o oltre Trump? Questo il quesito che dovrà trovare sintesi. Con Ron DeSantis, da lontano, ad osservare.