Il reso online? Gratis per gli utenti costa caro al pianeta. I resi degli acquisti online sono davvero a costo zero, non per chi li effettua, ma per il Pianeta? La risposta è semplice: No. Quanti di noi, soprattutto in questi giorni post Natalizi, hanno rispedito indietro regali non graditi o sbagliati per taglia o colore? Forse lo avremmo fatto con meno leggerezza se avessimo saputo che i resi degli acquisti online fanno dei giri immensi e poi finiscono in discarica. Sembra impossibile, ma fare un reso di un acquisto effettuato in rete è fonte di costi elevati e soprattutto genera dei rifiuti dannosi per l’ambiente. Il ciclo di un oggetto acquistato su uno dei qualsiasi siti di e-commerce e rimandato al mittente provoca degli effetti negativi mai immaginati. Ormai è diventato un gesto automatico: telefono in mano, si cerca l’oggetto o il vestito di cui si ha bisogno, si trova al prezzo che si ritiene il più conveniente, un click, il carrello, pagamento, check-out e il gioco è fatto, tanto al massimo si fa il reso. Ma cosa c’è davvero dietro tutto questo movimento apparentemente semplice? e soprattutto cosa succede quando quello che arriva non risponde alle aspettative e quindi viene rispedito indietro a costo zero? (per l’acquirente, ma non per il venditore e tanto meno per l’ambiente).
Il reso online? Gratis per gli utenti costa caro al pianeta, nel 2021 negli USA ha prodotto 4,3 milioni di tonnellate di rifiuti
Il reso online? gratis per gli utenti, costa caro al pianeta. Basti pensare che nel 2021 i resi hanno generato 4,3 milioni di tonnellate di rifiuti solo negli Stati Uniti. 4,3 milioni di rifiuti. Perché, diversamente da quanto si possa pensare, i resi non vengono rimessi sul mercato. In molte aziende addirittura – questo in pochi lo sanno – i pacchi dei resi non vengono neanche aperti, ma mandati direttamente allo smaltimento. Questo perché il processo di rigenerazione del prodotto in questione, per il venditore, è molto più oneroso rispetto a quanto invece costa semplicemente smaltirlo. Ciò però vuol dire che ogni cosa rifiutata dall’acquirente va a riempire qualche discarica di indumenti o oggetti elettronici o di qualsiasi altro tipo, nuovi ma inutilizzati e inutilizzabili per il mercato. Eppure esisterebbero diverse opzioni per dare nuova vita ad un vestito o ad un qualsiasi altro acquisto, sbagliato per qualcuno ma che potrebbe essere la cosa giusta da indossare o da usare per qualcun altro. Le app per acquisto di vestiti online stanno diventando sempre più popolari, il settore americano del mercato dell’abbigliamento di seconda mano, è stato previsto da uno studio, nel 2025 raggiungerà i 77 miliardi di dollari nel 2025, più del doppio del 2021.
Ma perché molti resi finiscono in discarica? Ai brand di lusso non conviene vendere i prodotti di ultimo grido a prezzi scontati. Prima di tutti perché perderebbe di valore il marchio stesso. Chi andrebbe ad acquistare la borsa, per fare un esempio, di ultima generazione a prezzo pieno se esistesse il modo di prendere la stessa a metà costo? Diverso invece il discorso per i marchi economici a cui costa molto di più ispezionare e rendere di nuovo vendibile un reso piuttosto che mandarlo in discarica. Infine ai brand di fast fashion (in italiano moda veloce, consiste in sostanza di collezioni moda che interpretano trend e gusti più del momento portandoli sulla passerella e, da questa, immediatamente sugli scaffali e negli e-Commerce), non conviene perché terminato il processo di restituzione, sul mercato potrebbe già essere uscito un nuovo modello più richiesto.
I prodotti restituiti generano circa 27 milioni di tonnellate di Co2 all’anno
Che fine fanno i vestiti, comprati online, che restituiamo? Molti consumatori non informati pensano che possano tornare sugli scaffali e vengano rivenduti. In realtà la maggior parte di essi non possono essere rimessi sul mercato e l’intero processo di reso, per le aziende, può arrivare a costare più del prodotto stesso. Per fare un esempio, su un prodotto che costa circa 46 euro il costo per rimetterlo sul mercato potrebbe arrivare a 30 euro. A quanto dovrebbe essere rivenduto, per poter rientrare dei costi? più facile buttarlo. E tutto questo comporta un’emissione di CO2 di proporzioni enormi. I prodotti restituiti generano circa 27 milioni di tonnellate di Co2 solo per il trasporto. Che cosa possiamo fare per limitare un disastro ambientale che ha già superato i limiti del consentito? Cercare di acquistare solo prodotti che siamo certi vadano bene, verificare le taglie prima di comprare un abito e privilegiare politiche di reso che consentano il riutilizzo dell’oggetto stesso.