Reddito di cittadinanza affitto. Sono tante le novità che riguardano il reddito di cittadinanza, contenute nella Legge di Bilancio 2023 da poco varata dal governo Meloni.

Reddito di cittadinanza affitto

L’ultima novità riguarda chi invece utilizza il reddito per pagare l’affitto. La quota non sarà più a disposizione del beneficiario ma sarà versata direttamente al proprietario dell’immobile. Secondo la Confedilizia, con questa misura, viene “fatta giustizia”.

Finora la parte dell’affitto era versata al percettore del reddito di cittadinanza: la Manovra prevede invece che la somma andrà direttamente al locatore dell’immobile. Resta invariata la possibilità di ottenere la quota a copertura del mutuo sulla prima casa entro certi limiti di importo. La somma andrà a copertura parziale o totale del canone annuo: il limite di spesa previsto per i beneficiari del reddito di cittadinanza per l’anno 2023 sarà pari a 3.360 euro. La misura si applica anche a chi ha un mutuo sulla prima casa: in questo caso il tetto di indennità previsto è pari a 1.800 euro all’anno. Lo sdoppiamento delle quote del reddito di cittadinanza (quella destinata all’integrazione di reddito fino a 6.000 euro all’anno e quella dell’affitto fino a 3.360 euro per un totale massimo di 780 euro mensili) entrerà in vigore già dal prossimo 1° gennaio.

Reddito di cittadinanza 2023 requisiti

Tra le principali novità emergono sicuramente tre aspetti molto importanti:

  •  l’assegno che arriverà l’anno prossimo sarà solo per sette mesi invece degli otto previsti. 
  • se si riceve un’offerta di lavoro, qualunque essa sia, o la si accetta o si perde l’assegno
  • scatta l’obbligo di istruzione per i giovani tra i 18 e i 29 anni

Formazione obbligatoria

La legge di Bilancio 2023 include anche altre novità che entreranno in vigore nel 2023. Per i percettori di reddito di cittadinanza dai 18 ai 29 anni di età, infatti, è necessaria la formazione obbligatoria. Perderanno il beneficio i giovani che non hanno terminato gli anni di obbligo di istruzione e non si iscrivano o frequentino percorsi d’istruzione degli adulti di primo livello o comunque funzionali al raggiungimento dell’istruzione minima (almeno una qualifica triennale). Gli obblighi si ampliano anche con l’iscrizione, per tutti i componenti dei nuclei familiari percettori di reddito, a un corso di formazione o a una qualifica professionale per un periodo di 6 mesi. In particolare, l’obbligo interessa i componenti di età lavorativa che dovranno sottoscrivere il “Patto per il lavoro”. L’eventuale inosservanza di questo obbligo comporta la perdita del reddito di cittadinanza per tutto il nucleo familiare.

Scompare il concetto di “offerta congrua”

Con l’approvazione di un emendamento a firma di Maurizio Lupi, il riferimento normativo all’offerta “congrua” scompare. In pratica la prima offerta che, se rifiutata, fa perdere il diritto all’assegno, non dovrà più considerare le esperienze e competenze maturate e in teoria nemmeno la distanza del luogo di lavoro e i tempi di trasferimento. Fino ad oggi come “congrue” erano considerate le offerte per posti di lavoro entro 80 chilometri dal domicilio, raggiungibili in 100 minuti con mezzi di trasporto pubblici.

Cosa succede se si rifiuta l’offerta?

I percettori potrebbero dover accettare qualsiasi offerta per non perdere il sussidio. Questo è il punto più criticato dall’opposizione e dai sindacati. Il ministro del Lavoro, Marina Calderone, all’assemblea della Coldiretti, aveva già precisato che “chi rifiuta la prima offerta lavoro ha uno stop sul reddito, perché in un contesto complicato il fatto di rifiutare un’offerta vuol dire voler rimanere fuori dai circuiti”, ma l’offerta deve avere “caratteristiche comunque di accettabilità”.