La pandemia? Ancora non è finita. La guerra nel cuore dell’Europa? E’ in corso e non si vede la pace all’orizzonte. Il cambiamento climatico? Il peggio, forse, deve ancora venire. Insomma, il nuovo anno non nasce sotto i migliori auspici ma consoliamoci con Zygmunt Bauman che diceva: “Non è l’assenza di problemi che ci dà la felicità. Al contrario. Fronteggiare le difficoltà, di qualunque natura esse siano, mettersi in gioco per superarle, lottare per cambiare una situazione ingiusta, esplorare possibilità e scenari per scavalcare gli ostacoli, questa è l’essenza della felicità”. Anche il Dalai Lama ci viene in aiuto: “Una freccia può essere scagliata solo tirandola prima indietro. Quando la vita ti trascina indietro con le difficoltà, significa che ti sta per lanciare in qualcosa di grande. Concentrati e prendi la mira”. Proviamoci.
Pillole di ottimismo. Da Bauman al Dalai Lama, da Passavanti a Dan Peterson e la riscoperta del gioco di squadra
Un altro, il frate domenicano e architetto Jacopo Passavanti nato e vissuto a Firenze dal 1302 al 1357, invocava l’aiuto della provvidenza: “In questo periglioso mare ogni gente annega, se l’aiuto della divina grazia non la soccorre”. Ma oltre all’intervento della divinità ci vuole la mano dell’uomo per non annegare tra le onde di questo mare che si chiama umanità travagliata. Ci vuole la riscoperta o la valorizzazione del senso di comunità, come ha ricordato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella negli auguri per il nuovo anno. E senza apparire blasfemo è lo stesso concetto che esprimeva uno dei più grandi coach del basket europeo, Dan Peterson, quando alle sue scarpette rosse diceva: “Giocate in cinque. Fate un gioco corale. Coinvolgete tutti. Se lo fate, qualcuno sarà libero per tirare bene. Non so chi sarà libero ma sarà uno. Perché avete giocato come una squadra e non uno contro cinque”. Ecco quello che serve, la squadra, la comunità, la nazione, la patria, la nostra amata Repubblica.
Stefano Bisi