Il 2023 sarà un anno di rivoluzione in casa Pd, con le diverse correnti che prendono sempre più forma: nella giornata odierna ha preso infatti posizione anche Piero Fassino, il quale annuncia il sostegno a Stefano Bonaccini.
Il cofondatore del Partito Democratico è convinto che l’attuale governatore emiliano “sappia innovare senza estirpare le radici del partito“, paragonandolo a un passista. A seguito di tale decisione viene inoltre lanciata “Iniziativa democratica”, un forum in cui riunire la community pronta a sostenere la candidatura di Bonaccini. Nei giorni scorsi un’altra figura storica dei Dem, Dario Franceschini, aveva invece sponsorizzato Elly Schlein.
Fassino sostiene Bonaccini nella corsa alla segreteria Pd
Piero Fassino, titolare della corrente Areadem del Pd, scioglie le riserve e si schiera a favore di Stefano Bonaccini nella corsa a quattro verso la segreteria (si vota il prossimo 19 febbraio).
Secondo l’ex sindaco di Torino, l’attuale governatore dell’Emilia-Romagna “è la candidatura più solida ed equilibrata“. Interpellato da Repubblica sulla visione di cambiamento promossa da Franceschini, il quale si era detto convinto che Schlein impersonasse il cambiamento da zero, Fassino replica che “non si cambia per cambiare senza sapere cosa e come”. Poi precisa che i nomi proposti dai Dem per il rinnovamento (oltre a Bonaccini e Schlein sono candidati anche Paola De Micheli e Gianni Cuperlo) sono tutti di grande stima, tant’è vero che secondo il suo parere sarebbero da coinvolgere attivamente in caso di vittoria di Bonaccini.
La vera sfida del Partito Democratico sarà convincere gli indecisi che hanno cambiato voto nell’ultimo decennio. Parola chiave in tal senso è “identità”, quella che i detrattori hanno rinfacciato a Letta di aver smarrito durante il suo secondo mandato. Per Fassino il vero problema è però un altro, cioè la mancanza di coerenza tra identità e politica, unita a una perdita di contatto con i territori. Ultima battuta sull’esigenza di ragionare in vista di coalizioni future: qui l’ex Ds sostiene che non sia il Pd a dover fare una scelta quanto piuttosto Calenda e Conte, responsabili degli ultimi giochi di potere.