Dopo il discorso di Putin alla nazione è arrivato anche quello di Volodymyr Zelensky, ovviamente incentrato sulla guerra che ha devastato e segnato per sempre la storia dell’Ucraina.

Un messaggio di unità e speranza, diretto proprio a quel nazionalismo patriottico dimostrato tanto dai civili quanto dall’esercito, che ha combattuto e combatte per porre fine alle ostilità. Tutto ciò mentre la Russia lancia un segnale inequivocabile, intensificando gli attacchi con i droni sull’intero Paese.

Guerra in Ucraina, l’inno di Zelensky all’unità nazionale

Un Capodanno che rimarrà impresso nella memoria di un intero popolo, l’Ucraina si sveglia nel 2023 con la guerra che è realtà e non incubo, con nuove esplosioni, vittime e feriti.

Zelensky apre il suo videomessaggio alla nazione ricordando i 311 giorni trascorsi dall’inizio del conflitto, che potrà ancora essere “buio e complicato”. Eppure, la consapevolezza con cui Kiev entra nel nuovo anno è quello “di un Paese che non avrà mai paura e non si vergognerà mai di lottare per difendere la propria sovranità“.

Per certi versi straziante e doloroso da ascoltare, il presidente ha ripercorso le ferite collettive più sanguinose: Kramatorsk, Mariupol, l’acciaieria Azovstal, le fosse di Bucha, il massacro di Olenivka. A cui hanno fatto da contraltare le vittorie ucraine, la riconquista dei territori fino a Kherson. Infine, la promessa di riconquistare Melitopol, il Donbass e la Crimea, ossia i territori ucraini ancora sotto la dominazione sovietica.

Ha ringraziato l’intera popolazione, dai soldati ai volontari ai civili, la macchina delle solidarietà interna che ha permesso di ospitare persone in fuga da città bombardate. Poi si è rivolto alla comunità internazionale, “che quest’anno ha scoperto l’Ucraina ma soprattutto gli ucraini, spiegando che “ci è stato detto di arrenderci al nemico, di scendere a compromessi, ma noi abbiamo scelto il contrattacco, la strada per l’Ue e per la Nato“.

Segue l’estratto più saliente del suo messaggio, nel quale ha rivolto un augurio speciale alla sua “famiglia”: quello della vittoria. Di un trionfo “che riporti i soldati alle loro famiglie e i prigionieri nelle loro case. Siamo pronti a lottare per questo. Ecco perché ognuno di noi è qui. Io sono qui. Noi siamo qui. Voi siete qui. Tutti sono qui. Siamo tutti ucraini“.