È partito, e anzi è quasi giunto al termine, lo spoil system per il governo Meloni, la pratica politica secondo la quale il vincitore delle elezioni ha il diritto di nominare funzionari di propria fiducia a capo degli uffici dell’amministrazione pubblica. A dare il via al valzer che riguarderà una settantina di poltrone è stato il ministro della Difesa Guido Crosetto, tra i fondatori di FdI, considerato braccio destro di Giorgia Meloni. Crosetto ha parlato della necessità di un cambio in radicale della macchina burocratica, a partire dai ministeri, per mandare via “chi finora ha detto solo no o ha dimostrato di perdere tempo”. Sono 67 le aziende pubbliche partecipate direttamente (17) e indirettamente (50) dal Tesoro, che nel 2023 si avviano al cambio dei vertici. Al governo Meloni toccherà dunque una tornata di nomine ricca, che comprende le big Eni, Enel, Leonardo, Poste, Terna e molte altre.
Governo Meloni e spoil system: cosa vuol dire, chi riguarda. Tutte le nomine attese nelle grandi partecipate statali
Nessun nome e nessun riferimento esplicito ma tra meno di un mese, ad essere precisi il 24 gennaio, scadono i 90 giorni dello spoils system, la pratica, si è detto, secondo la quale il vincitore delle elezioni “piazza” a capo delle grandi partecipate statali uomini e donne di sua fiducia. Intanto sembra stringersi intorno al direttore generale del Tesoro, Alessandro Rivera, stabilmente al suo posto dall’agosto del 2018, al tempo del Conte 1. Le scelte in un certo senso più politiche compiute dal dipartimento del Mef sotto l’esecutivo Draghi sono state letteralmente ribaltate dal governo Meloni: innanzitutto quelle su Ita, con il ritorno in pista di Lufthansa precedentemente scartata a vantaggio di Certares, poi quelle sulla rete unica con l’accantonamento del memorandum tra Cdp e Tim. Non a caso anche sul destino dei vertici di Cassa depositi e prestiti le indiscrezioni si sono succedute in questi giorni. Ma il presidente, Giovanni Gorno Tempini, e l’amministratore delegato, Dario Scannapieco, sono in scadenza tra più di un anno, a maggio 2024, e le loro posizioni non rientrano tra quelle soggette a spoil system. Tempistica simile anche per Ferrovie, in mano a Nicoletta Giadrossi e Luigi Ferraris, mentre sono molto più ravvicinate nel tempo le decisioni sulle grandi partecipate dell’energia e della difesa. I cda di Enel, Eni e Leonardo sono tutti in scadenza la prossima primavera. Sul piatto ci sono i rinnovi, o le sostituzioni, di Francesco Starace, ad della società elettrica scelto a suo tempo da Matteo Renzi e già oggi al suo terzo mandato, di Claudio Descalzi, anche lui numero uno di Eni dal 2014, e di Alessandro Profumo, la cui nomina alla guida di Piazza Monte Grappa risale invece al 2017. Le voci delle ultime settimane scommettono su una sostituzione interna, probabilmente con Roberto Cingolani, ma non è esclusa, considerando anche i buoni rapporti tra i due, una staffetta che veda l’ex ministro ad e il manager presidente. Profumo ha del resto portato a casa risultati importanti, mettendo a posto i conti, dando una prospettiva al gruppo e garantendo un vero e proprio boom del titolo in Borsa. Movimenti sono attesi peraltro a breve nelle Agenzie fiscali: Marcello Minenna, capo delle Dogane vicino al Movimento 5 Stelle, sembra in bilico, così come Alessandra Del Verme, numero uno del Demanio. Più stabile invece la posizione di Ernesto Maria Ruffini alla guida dall’Agenzia delle Entrate. L’avvocato scelto prima da Renzi come ad di Equitalia e poi da Gentiloni alla guida della stessa Agenzia, potrebbe non essere soggetto ad alcuna ghigliottina. C’è infine il capitolo Rai. Il mandato dell’ad Carlo Fuortes, che termina tra oltre un anno, potrebbe arrivare a scadenza naturale, ma le prospettive non sono ancora del tutto certe. L’obiettivo di Giorgia Meloni, che è rimasta esclusa dall’ultimo rinnovo del cda nonostante FdI fosse il solo partito d’opposizione, è quello di riequilibrare verso il centrodestra l’assetto della tv pubblica puntando su Giampaolo Rossi come successore di Fuortes o direttore generale.