Fine anno, tempo di sondaggi politici per i partiti di maggioranza e opposizione. Per tirare le somme, programmare nuove strategie di ricerca del consenso o continuare sulla stessa lunghezza d’onda. Le elezioni del 25 settembre 2022 hanno segnato un nuovo spartiacque nella storia politica recente, e lo sono state anche a causa del governo di unità nazionale e della sua fine anticipata. Il centrodestra ha conquistato la maggioranza assoluta in entrambe le Camere (composte, per la prima volta, di soli 400 deputati e 200 senatori dopo la riforma costituzionale che ne ha ridotto il numero di membri), trainato da Fratelli d’Italia che con il 26 percento è diventato il primo partito del Paese: il quarto ad esserci riuscito in un’elezione nazionale, dopo M5S (2013 e 2018) PD (2014) e Lega (2019). La grande volatilità delle preferenze politiche degli italiani, che ormai emerge da anni nella nostra Supermedia dei sondaggi, è stata ancora una volta confermata, “certificata” da un voto in carne ed ossa. Ma, anche a causa di questo voto, si è trattato di una volatilità che si è ulteriormente accentuata nel corso dell’anno appena trascorso, al punto che i dati dei sondaggi di oggi sembrano inimmaginabili se guardati con gli occhi di 12 mesi fa.

Sondaggi politici di fine anno: chi perde e chi guadagna. L’analisi e i numeri a confronto

A un primo confronto con il dato della Supermedia del 30 dicembre 2021, infatti, emergono chiaramente vincitori e sconfitti di questo 2022 che sta per concludersi. Il vincitore, netto, è essenzialmente uno: Fratelli d’Italia, cresciuto di oltre 10 punti. Una crescita avvenuta – come del resto era avvenuto nei due anni precedenti – quasi interamente a scapito della Lega, che di punti ne ha persi quasi esattamente altrettanti. Fa impressione rilevare come i due partiti fossero testa a testa solo un anno fa, e come invece oggi il dato di FDI sia oltre il triplo di quello della Lega. Ma, oltre al partito di Matteo Salvini, che almeno si è ritrovato a far parte dell’alleanza che ha vinto le elezioni ed oggi è al governo (oltre ad aver fatto parte di due esecutivi su tre nella precedente legislatura), l’altro grande sconfitto è il Partito Democratico, che ha perso nettamente le elezioni lasciando sul campo oltre 5 punti nell’ultimo anno. Ad aver beneficiato del calo dei democratici, probabilmente, sono stati principalmente due partiti: il Movimento 5 Stelle (soprattutto dopo il voto) e il Terzo Polo, ossia la lista nata dall’alleanza tra Azione di Carlo Calenda e Italia Viva di Matteo Renzi. I movimenti qui riassunti, però, non hanno avuto un andamento lineare: con l’eccezione della crescita pressoché costante di FDI, quasi tutti gli altri partiti hanno vissuto momenti altalenanti, con alti e bassi e in qualche caso inversioni di tendenza, senza parlare delle scomposizioni e ricomposizioni che hanno riguardato non solo i perimetri delle coalizioni ma persino, in certi casi, degli stessi partiti che si sono misurati alle elezioni. L’apprezzamento per l’operato della premier si riflette anche sugli orientamenti di voto che vedono aumentare il vantaggio di FdI, oggi stimato al 31,7 percento, su tutte le altre forze politiche. Il M5S, dopo aver scavalcato il Pd un mese fa, consolida il secondo posto con il 17,6 percento, mentre i dem fanno segnare un’ulteriore flessione (-0,9 percento) attestandosi al 16,3 percento. A seguire, la Lega con il 7,8 percento (+0,5 percento) e Azione/Italia viva (7 percento) che sorpassa Forza Italia (6,2 percento, in calo di 0,6 percento). Nel complesso il centrodestra ottiene il 46,8 percento delle preferenze e si mantiene stabile rispetto a fine novembre (+0,1 percento), mentre il centrosinistra subisce un ulteriore calo (-1,4 percento) e scende al 22,1 percento (-4 percento rispetto alle politiche). Per quanto riguarda i leader, Conte si conferma al primo posto nella graduatoria dei leader con un indice di gradimento pari a 32, seguito da Salvini (27), Berlusconi (24) e Calenda (22, in crescita di 2 punti rispetto a novembre); da segnalare il calo di Fratoianni (-3) e Bonelli (-2), raggiunti da Renzi a quota 16.

La “volatilità” degli elettori

L’attitudine degli elettori a cambiare il proprio voto complica molto la vita dei partiti che possono contare sempre meno su blocchi sociali stabili con i quali interagire e di cui rappresentare le istanze. Ad esempio gli operai e i lavoratori esecutivi, storicamente rappresentati dai partiti di sinistra, da tempo privilegiano il voto a destra ed oggi per il 39,1 percento dichiarano di voler votare per FdI, mentre il Pd (erede della tradizione di sinistra) si colloca al quarto posto con il 9 percento dei consensi. Un altro esempio riguarda i ceti produttivi (imprenditori e autonomi) che insieme alle casalinghe costituivano i principali riferimenti di Forza Italia e oggi si sono trasferiti in FdI, mentre il partito di Berlusconi è retrocesso al quinto posto con il 9,1 percento tra gli imprenditori e i dirigenti e il 6,4 percento tra gli autonomi e al quarto posto tra le casalinghe con l’11,1 percento; oppure ancora i cattolici dove il partito più votato dai praticanti è sempre FdI che, sia pure con valori diversi, risulta essere il primo partito presso tutti i segmenti sociali con poche eccezioni, rappresentate dagli elettori più giovani (18-34 anni), dagli studenti, dalle persone di condizione economica bassa, dai disoccupati e dai residenti nelle regioni del Sud e isole che tendono invece a privilegiare il M5S.